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Poesie d’Osteria
La fredda brezza del mattino taglia i lineamenti segnati
dei Mercanti d’erba.
Un uomo,
avvolto in grevi stracci consunti,
scarica i frutti della terra da un furgone arrugginito.
Scortesi piume d’oche d’aia erompono dalle fenditure
in vivaci carambole estemporanee.
Cassette policrome conquistano lo spazio,
rimpinguando esitanti scheletri metallici.
Il mercato vecchio si gremisce e prende vita.
Il brusio della folla invade la quiete
e tramuta la sgangherata arena in un evento corale.
Da un lato il sole, dall’altro l’ombra.
Inizia la corsa alle verdure di stagione.
Monetine impazzite prendono a tintinnare
e passano di mano.
Lisce le mani di chi acquista,
ruvide e callose quelle di chi vende.
Pullulanti involucri s’alternano ai compagni razziati.
E poi, simmetricamente,
il selciato rosseggiante riacquista campo,
e i mercanti smontano i loro baracchini.
E’ tempo di andare,
e una luce insistente s’infila dal parabrezza,
offuscando l’orizzonte del mezzodì.