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Pieter Paul Rubens
10 venerdì Feb 2012
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10 venerdì Feb 2012
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10 venerdì Feb 2012
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Riporto qui di seguito un passaggio di “Tenera è la notte” di Francis Scott Fitzgerald:
“Dick aveva imparato da suo padre i bei modi un po’ imbarazzati del giovane del sud emigrato nel nord dopo la guerra civile. Spesso li usava e ogni volta li disprezzava, perchè non erano una protesta contro la bruttezza dell’egoismo, ma contro la bruttezza delle apparenze di esso“.
Prendo spunto da questo breve passo sull’ipocrisia umana per tentare di analizzare con leggerezza alcune fasi dei rapporti interpersonali.
L’allegra analisi prosegue lungo le scarpate scoscese de “Il Precipizio”
10 venerdì Feb 2012
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10 venerdì Feb 2012
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Nella prima scena di “Ruggine” il pulviscolo illuminato a giorno penetra e dilata uno spazio buio e angusto, volteggiando candidamente attorno a due bambini che tentano un ingenuo, reciproco approccio. Il campo visivo si allarga e ci trasporta negli anni 70 della periferia torinese.
Un gruppo di ragazzini passa le giornate nei dintorni dei palazzoni in cui vivono. E’ un’infanzia selvaggia ma felice, perché i piccoli hanno grande libertà e la forza di una società in miniatura. Le loro giornate e le riprese si alternano fra i campi sconfinati e un ammasso di lamiere che costituisce la loro base segreta. Il loro mondo, soprattutto qui, si sviluppa autonomamente da quello degli adulti, e i ragazzini, capitanati da Carmine, sviluppano le loro dinamiche, i modi di stare insieme e difendere la roccaforte, quel tipo di luogo in cui ogni bambino nasconde una parte di sé, in modo sacro, ritualizzato. E’ un luogo simbolico e affascinante, e una fotografia in chiaro scuro ci mostra un vero e proprio castello, un piccolo regno abbarbicato su se stesso, un luogo dove gli adulti non entrano mai, o quasi.