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Archivi Mensili: febbraio 2012

Hesher è stato qui

17 venerdì Feb 2012

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Joseph Gordon-Levitt in versione Lebowski nel film “Hesher è stato qui”

Hesher è stato qui

17 venerdì Feb 2012

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Il Consiglio dell'Oste

Il Consiglio dell’Oste

Sulla scia di altre opere che esplorano in modo genuino la provincia americana, quali “Sunshine”, “Win win” e “American life”, Spencer Susser (all’esordio nei lungometraggi) realizza un buon film, interpretando con stile e personalità un modello narrativo già sperimentato.

E’ la storia di TJ, un ragazzino che ha perso la madre in un terribile incidente d’auto, e della sua nuova vita a casa della nonna, tra i logici disagi della nuova collocazione e i silenzi di un padre devastato dal lutto. TJ è abbandonato a se stesso, e conduce una vita solitaria, segnata da frequenti zuffe con un ragazzo più grande, dall’assiduo tentativo di recuperare la macchina in cui la madre perse la vita, e dal primo innamoramento embrionale nei confronti della cassiera di un supermercato (un’incantevole Natalie Portman).

Ma ben presto irrompe nella vicenda Hesher, una sorta di metal hippie sbandato e randagio che vive senza alcuna regola: Hesher ha capelli lunghissimi, tatuaggi ovunque, non ha fissa dimora e vaga per la città a torso nudo e a bordo di un furgone malandato; è trasandato e incurante della società in cui è calato, utilizza un linguaggio rozzo e volgarissimo, e somiglia vagamente a un piccolo Lebowski , se non fosse per l’attitudine alla violenza e a frequenti scatti di collera e follia.

Hesher s’insedia nell’abitazione dei Forney con la scusa di una lavatrice, e s’inserisce con naturalezza e noncuranza nel piatto menage familiare; ignora e disprezza Paul, il padre di TJ, ma si guadagna le simpatie di nonna Madeleine (Piper Laurie) e le attenzioni del ragazzino, che inizia ad assecondarne e poi imitarne pericolosamente le gesta, a causa della totale e sopraggiunta assenza di un qualsivoglia punto di riferimento.

L’estremo Hesher riuscirà a farsi amare proprio per quella bruta schiettezza che in fondo rivela un animo sensibile e una grande capacità di analisi delle persone che incontra nel suo dissestato cammino.

Il piccolo Devin Brochu interpreta TJ in modo assai credibile, donando uno sguardo dolce e toccante a quel bambino ancorato all’auto materna come fosse l’unica parte rimasta di lei; Joseph Gordon-Levitt è straordinario nel ruolo di Hesher, rivelando insospettabili doti di trasformista e la giusta caratura per riempire individualmente la scena, grazie a un’espressività che oscilla in modo spiazzante e a un taglio d’occhi che lo equipaggia di un’indecifrabile profondità.

 

Prove di disgelo

17 venerdì Feb 2012

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Poesie

Poesie d’Osteria

Blocchi di ghiaccio sfrigolano e gracchiano al cospetto del sole.

L’impietoso Sole

-peccaminoso frutto d’incestuose orge primordiali fra stelle al collasso-

s’insinua tiepido e violentissimo nelle molecole del cristallo.

Un sole inarrestabile

-malinconicamente orfano di una degna criosfera su cui riflettere e osannare se stesso-

riversa l’ira di raggi incandescenti su ignari drappelli di brina in fuga.

E fuligginosi iceberg scampati alla luce galleggiano immobili su oceani d’ombra e d’asfalto.

L’attrito azzerato dalla parziale fusione

battezza sottili e sfuggenti strati d’acqua al minimo contatto.

Sfavillanti stalattiti pendono dai cornicioni

come spade capovolte in glaciali armerie.

E poi floridi ruscelletti a inseguire il corso scosceso

di una corrente gravitazionale e centripeta.

E muri che sanguinano e si scrostano al distacco del gelo,

come cortecce d’albero divelte da bimbi ignari.

Nelle vicine alture persistono forme di resistenza assidua.

E goccioline d’acqua in sospensione atmosferica,

inghiottite dalla densa bruma del mattino,

mutano in friabili ed esili scaglie di galaverna.

In paese la resa è prossima e tutto inizia a gocciolare.

Dapprima è il tenue fruscio di candidi rivoli filiformi.

E poi un fragore d’acqua dettato da sorgenti a tempo.

Infine i tetti delle case riveriscono un cielo scintillante,

deponendo i fulgidi copricapi lattei.

Nella ricomposta calvizie di tegole e coppi

gli uccellini di città ritornano ai loro nidi.

I viaggi di Auster dentro la storia

16 giovedì Feb 2012

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Paul Auster

“A questo punto, Mr Blank ha letto tutto quanto può sopportare, e non si è divertito per niente. In un impulso d’ira e frustrazione repressa, getta il manoscritto sopra la propria spalla con un violento scatto del polso, senza neanche girarsi a vedere dove cade. Mentre fluttua nell’aria e scende sul pavimento dietro di lui, Mr Blank batte un pugno sul tavolo e dice ad alta voce: Quando finirà questa cosa assurda?”

I viaggi nello scriptorium proseguono in Singolar Tenzone

Viaggio ad Auschwitz – Parte Prima

16 giovedì Feb 2012

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Cronache e Storie d'Osteria

16 gennaio 2012

A Cracovia splende il sole. Io e Francesca camminiamo veloci, animati da una sana e inflessibile voracità, come sempre quando abbiamo poco tempo per vedere più cose. Passi e sottopassi si avvicendano  in un percorso ghiacciato e vagamente tetro. Tram azzurri e il blue bus di Morrison sfrecciano fra polacchi affaccendati. Spacci di liquori a ottanta gradi e un negozio di giocattoli spuntano allegri dalla facciate grigie dei palazzoni in successione; un ostello tira l’altro lungo la strada che costeggia la parte centrale della città, che vanta una delle piazze più grandi d’Europa, un’anima blues e un’eccelsa vitalità sotterranea.

Quei locali clandestini in cui ci si accalca, in cui si beve gomito a gomito con il locale tutto, in cui eccellenti e variegate jam sessions musicali si alternano su palchi minuscoli, trasmettono la sensazione di vivere nel passato (Midnight in Krakow), al riparo da una guerra all’arma bianca che fuori impazza e che per contrasto scalda il cuore di chi è dentro.

Ma ecco la stazione, luogo popolato dai polacchi più scontrosi di Polonia, luogo di disinformazione e del “vai per tentativi che prima o poi qualcosa trovi, anche se non voglio sapere cos’è che cerchi”. Scansato l’ostacolo ferroviario, d’un tratto veniamo catapultati in uno strano corridoio di chioschi colorati: sembra d’essere sul posto di confine di un vecchio film di fantascienza, dove persone e merci transitano confusamente, dove t’aspetti di trovare da un momento all’altro un mutante , un cyborg, un lavoro in pelle, o un cacciatore di taglie che controlla i codici a barre di chi passa di lì. L’atmosfera umida e scarsamente illuminata mi ricorda gli esterni di “Blade Runner”, ma con uno sforzo d’immaginazione mi convinco di essere sul Pianeta Tatooine di “Guerre stellari”, ed esattamente nel porto spaziale di Mos Eisley, in cerca dello Ian Solo di turno e di un’astronave che faccia al caso nostro.

Un astro pullman sgangherato e arrugginito pare attenderci in quella stazione fatiscente. Saliamo sul mezzo diretto ad Oswiecim. Il pilota del Millennium Falcon somiglia più a Chewbecca che a Ian Solo: anzichè parlare emana grugniti gutturali, non ride mai, ha un broncio bronzeo e stampato. Ma Ciube è tagliato per il suo mestiere, e trasmette sicurezza ai passeggeri.

Partiamo dunque. I palazzi diminuiscono, cedono prospettiva al mondo naturale, si diradano fino poi a scomparire al cospetto delle distese rurali polacche. Neve ovunque e i vetri irrimediabilmente appannati dall’incuria e dall’escursione termica con l’esterno fanno filtrare immagini dai contorni incerti, figure oniriche, affusolate e concilianti. Un maestoso zuccherificio che pare un mostro precipita sul paesaggio immacolato. Dai brevi spiragli di nitidezza trapelano le deformi sagome di imponenti manieri diroccati sulle cime di aspre colline. Fermate d’autobus improvvisate nel nulla scivolano lungo la pellicola che scorre dinanzi ai nostri sguardi sonnolenti; nello spazio di pochi tornanti il tempo muta inesorabilmente e il sole lascia il palco a un cielo plumbeo e pesantissimo, che in breve scatena una cascata di neve in fiocchi grandi e corposi. Il cielo opprime con la sua densità, quasi fosse un presagio, e più c’inoltriamo e più la neve s’irrobustisce, aumentando in volume e frequenza.

Siamo ad Oswiecim. Scendiamo dal pullman. Fuori, l’atmosfera è irreale, la neve attutisce ogni suono, voce, pensiero; camminiamo sulla faccia bianca ma oscura di una luna ignota. Il campo di Auschwitz è davanti ai nostri occhi adesso, ma non ce ne rendiamo conto per via della fittissima nevicata. Svolgiamo le pratiche d’ingresso. Una graziosa guida polacca, avvolta da un piumino viola e da uno sguardo malinconico, ci attende in fondo alla hall. Le andiamo incontro.

19th nervous breakdown – The Rolling Stones

15 mercoledì Feb 2012

Posted by osteriacinematografo in Soundtrack

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Soundtrack

Suoni d’Osteria

RadiOsteria consiglia “19th nervous breakdown”, vibrante pezzo dei Rolling Stones, che Mick Jagger e Keith Richards scrissero insieme nel lontano 1965.

Terza fase

15 mercoledì Feb 2012

Posted by osteriacinematografo in Poesie

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Poesie

Poesie d’Osteria

A Francesco, l’amico di sempre

O Divina Clio,

Musa della storia.

Camaleontica Clio multicolore.

Indizio di tresche materne

e protettrice della Poesia Epica.

Interminabili notti dissestate iniziavano

a cavallo di tenebre cave e inoltrate.

Notti  dentro le notti.

E terze fasi a percorrere chilometri di pensieri e astrazioni alienanti

 fra i saliscendi di un’improvvisazione acuminata.

E parole profuse senza intervalli

nell’ennesima potenza comunicativa.

E si e no sul precipizio intermittente dell’ ”è finita!”.

E il barcamenante zigzagare di un’auto in fiamme.

E “dove andiamo noi non esistono strade”.

E la terza fase trabocca riversandosi nella quarta.

E cervelli indipendenti a far da passeggeri improvvisati.

E si e no per stabilire chi gioca e chi il gioco subisce.

E quel lampione perennemente rotto e singhiozzante

a illuminare a stento strati su strati di parole in regalo.

E l’illuminazione ultima,

prima d’essere riversi ai margini di una strada immaginaria.

Il fatidico e adombrante Jolly Bar.

Sotterraneo estremo di quinta fase al limitare d’alba.

Luogo di rivoluzioni ipotizzate e di fantasmi che ribaltano l’abisso.

Bunker infernale anti cinico anti ritorno anti tuttobeneacasa.

Dimensione che la luce offusca.

Fonte di amnesie e perdita di sé.

Eterno Finale e Meta Inconsapevole

di due amici che mai cessano d’essere tali.

 

Il grande capo

15 mercoledì Feb 2012

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Peter Gantzler e Jens Albinus in una scena del film di Lars von Trier

Il grande capo

15 mercoledì Feb 2012

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Titoli di testa

Lars von Trier non si toglie nemmeno il gusto della commedia. E lo fa a modo suo, naturalmente, realizzando un’opera grottesca, spietata, che analizza senza filtro e con amara ironia i rapporti interpersonali: ne “Il grande capo”, l’indagine è ambientata nel mondo del lavoro, dove gli interessi economici schiacciano inesorabilmente ogni altro tipo di valutazione.  Una ditta di informatica danese sta per essere ceduta a un magnate islandese. Ravn è il proprietario occulto dell’azienda, ma non ha mai rivelato la sua identità, fingendosi mero portavoce del capo; gli islandesi esigono però di trattare con il proprietario in persona per la vendita in oggetto, e Ravn è costretto a ingaggiare un attore per sostenere la parte di Grande Capo.

La messinscena prosegue in FilmOsteria

Il Visa

14 martedì Feb 2012

Posted by osteriacinematografo in Poesie

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Poesie

Poesie d’Osteria

A Luca, Marco, Paolo, Roberto e me.

Il rosso sfumato dal tempo diviene flebile arancio.

Rivestimenti in tela beige e un motore d’acciaio.

Il Visa si piega e i Cinque con lei,

scimmiottando fra le anse d’asfalto.

I Cinque trasudano vita ed ebbrezza,

e stendono al sole sogni freschi d’aurora.

Una birra ghiacciata disegna un tragitto incerto e malmesso.

Suoni d’antica partitura e grida di giubilo e idiozia

 si espandono fuori dall’auditorium a quattro ruote.

Eroiche e definitive sterzate al limitare di un tempo distratto.

Il tempo dolce e rarefatto del Visa.

Fra le sue cosce strette e sicure

trovarono posto

un prigioniero politico francese

un terrorista irlandese beone e cazzuto

un borgataro romano biondo e imparruccato

un folle spedizioniere dai riccioli neri

un Cristo dai tratti indocinesi.

Varcarono insieme i confini dello stato pontificio,

inseguendo fantasie danzanti, sgangherate compagini e tamburi battenti.

E libri e indumenti e storie gettati in strada

all’incrocio tra spazi intermittenti e indicazioni da decrittare.

E notti di viola e d’argento doppiate in pilota automatico.

E il rumore del Visa in fondo alla via,

una carovana spagnola e furoreggiante da prendere al volo.

E quei momenti che ancora vivono nelle parole e nei ricordi intensi dei Cinque.

Mezz’uomini che forse non sono cresciuti realmente

e vagano tutt’oggi per mete da definire,

in cerca di una locanda trasandata e di un appoggio sicuro

in cui parcheggiare se stessi e una compagna purosangue di nome Visa.

 

Albert Nobbs

14 martedì Feb 2012

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Glenn Close in una scena del film

Albert Nobbs

14 martedì Feb 2012

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L'Oste deluso

L’Oste deluso

Il film è ambientato a Dublino nel diciannovesimo secolo. Albert Nobbs lavora come cameriere presso il Morrison’s Hotel di Dublino. Egli svolge le proprie mansioni in modo impeccabile e ineccepibile, e la forma meccanica,  incessante, disumanizzata dei suoi movimenti accompagna ogni suo minimo gesto, ogni recondita palpitazione, anche nell’immobile e statuaria supervisione della sala da pranzo in cui il corpo rigido e le espressioni ingessate assumono rilievi ossessivi e inquietanti.

Albert Nobbs in realtà è una donna soffocata da un atroce corpetto e da lineamenti del viso rudi e profondamente segnati; quella donna che vive protetta dietro una maschera da uomo osserva con attenzione e impassibile freddezza i dissoluti benestanti che si avvicendano nei locali dell’hotel;  sembra un elemento estraneo persino a se stessa, tale è il distacco che crea prima fra la donna che è e l’uomo che interpreta, e poi fra l’irreprensibile cameriere e l’alta società che gli sfila innanzi; ad Albert interessa soltanto  risparmiare avidamente i propri guadagni, nella speranza di accumulare la somma necessaria per aprire una piccola rivendita di tabacchi e dolciumi.

L’elemento sismico del film ha il volto di Hubert Page, l’imbianchino che deve occuparsi di ridipingere alcuni ambienti dell’hotel della Duchessa Baker; Hubert è costretto a dormire nello stesso letto di Nobbs per una notte, e ne carpisce il segreto: ciò che sembra inizialmente un dramma per Albert muta ben presto in una sorta di riscatto sociale, di rito liberatorio, nella nuova prospettiva di una vita che non aveva ipotizzato e di interrogativi che non si era mai posta, e persino nella possibilità di dedicare una giornata ad esplodere quella femminilità sopita e repressa nel dolore.

Il film –che pare ambientato in un romanzo di Dickens-  narra la storia di una ragazza costretta a diventare uomo per non subire la violenza di un’epoca che considerava le donne sole una preda di cui poter abusare senza restrizioni fisiche o pregiudizi morali di sorta.

Tratto dal racconto omonimo di George Moore, il film di Rodrigo Garcia si avvale di un gruppo di attori eccezionali:  Glenn Close fornisce una performance d’alto livello, perfezionando un personaggio già interpretato a teatro e sfruttando ogni piega espressiva del viso, ogni movenza corporea per immedesimarsi nell’intima e ambigua essenza di Nobbs; Janet McTeer non le è da meno, grazie ad uno sguardo liquido e penetrante che riempie ogni singolo fotogramma in cui muove la sua imponente figura. Il film si sviluppa e cresce d’intensità seguendo uno stile narrativo misurato e preciso, e la vita di Nobbs e dell’hotel col passare dei minuti si arricchiscono di dettagli accurati; ma la storia si smarrisce nella seconda parte, come se al regista sfuggisse di mano progressivamente: le varie relazioni sentimentali in atto e l’amore confuso e mal direzionato di Nobbs vengono enfatizzati in modo eccessivo, ammutinando così il fascino di un film che seduce e infine tradisce lo spettatore. Peccato.

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    • MARILYN – Simon Curtis
    • MILLENNIUM – UOMINI CHE ODIANO LE DONNE – David Fincher
    • MIRACOLO A LE HAVRE – Aki Kaurismaki
    • PARADISO AMARO (THE DESCENDANTS) – Alexander Payne
    • PICCOLE BUGIE TRA AMICI – Guillaume Canet
    • REDACTED – Brian De Palma
      • Nemici immaginari – Dall’Iraq a Buzzati e ritorno
    • RUGGINE – Daniele Gaglianone
    • THE EDGE OF LOVE – John Maybury
    • THE HELP – Tate Taylor
      • Il fascino sottile dell’intolleranza
    • THE IRON LADY – Phyllida Lloyd
    • THIS MUST BE THE PLACE – Paolo Sorrentino
    • UNA SEPARAZIONE – Asghar Farhadi
    • VENTO DI PRIMAVERA – Rose Bosch
    • WARRIOR – Gavin O’Connor
  • I Grandi Classici
    • A history of violence
    • Amour
    • Casinò
    • Easy rider
    • Eyes wide shut
      • La tana del Bianconiglio
    • La città incantata
      • Paragone acrobatico con il mito di Orfeo ed Euridice
    • Schindler’s list
    • The artist
  • Il precipizio
    • Andy Kaufman – Man on the moon
    • Antonio Sampaolesi – Mio nonno, il mio idolo.
    • Caccia sadica
    • Central Park
    • Cigolante vetustà
    • Compenetrante Simbiosi Nordica
    • Cosmogonia d’Osteria
    • Crisi gravitazionale
    • Da Zachar a Wall-E in pilota automatico
    • E-voluzione
    • Effetto Domino
    • Follia o rivelazione?
    • Freccia rossa
    • Fuga d’ombre nel capanno
    • Generi cinematografici
    • I cantanti
    • Il pelo del pile
    • Il Visa
    • Inchiostro
    • L’Estetica del Toro
    • L’incontro
    • La chimica del mare
    • La fine 1.0
    • Magma dal retrobottega
    • Mezzosogno
    • Mine vaganti su Skyfall – L’altalena delle aspettative
      • Assenza di aspettative – Mine vaganti
      • Overdose di aspettative – Skyfall
    • Mostri alati
    • Nonna Jole
    • Nonno Dino e il bambino che è in me
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    • puntofisso.com ovvero Il colloquio
    • Salomon
    • Sogni & Catapulte
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  • L’Atlante delle Nuvole
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      • Tutto è connesso – Odissea nella coscienza unificata
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