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Cronache e Storie d’Osteria

Riprendiamo da Birkenau, al capolinea dei vagoni della morte. Riporto fedelmente il racconto della graziosa guida polacca.

 

 

 

Chi non era ritenuto abile al lavoro veniva immediatamente condotto alle camere a gas. Qui si cercava di mettere a proprio agio le persone, con una serie di subdoli stratagemmi. Ai prigionieri veniva infatti detto di ricordare il numero identificativo, di spogliarsi completamente, di sistemare con cura gli abiti, di allacciare tra loro le proprie scarpe in modo da non spaiarle; i prigionieri venivano poi forniti di sapone e asciugamani, così da rendere ancor più credibile la messinscena.

 

 

Le stanze delle docce –nel frattempo- venivano riscaldate grazie al calore prodotto dai forni sovrastanti, di modo che la macchina di distruzione di massa potesse sfruttare un ciclo continuo e redditizio. Una volta entrati, i locali venivano sigillati; il passo successivo era spegnere le luci, così da creare panico, iperventilazione e consumo abbondante di ossigeno. Dopo di che era la volta dello Zyklon-B (creato in origine come antiparassitario), un gas che produce rapidamente i suoi effetti mortali a una temperatura di circa 25 gradi, giusto quella prodotta dal calore dei forni. Il gas veniva sparato dall’alto sui corpi di persone ignare: alcuni soffocavano subito, mentre le più tenaci si aggrappavano con le unghie alla vita e ai corpi degli altri, in una disumana scalata che formava colonne d’uomini straziati. In pochi minuti i cadaveri erano pronti per essere cremati: infilati in un montacarichi, venivano bruciati in massa al piano superiore. Il cinico meccanismo teutonico prevedeva infine che la polvere umana, perfino quella, venisse in un certo senso utilizzata e venduta come concime ai contadini polacchi dei dintorni, così da non sprecare nulla.

Un film dell’orrore sceneggiato da menti fuori controllo.

 

 

La guida ci mostra i resti semi-demoliti dei forni, e le targhe commemorative scritte nelle lingue delle tante patrie che hanno perso dei figli in questo luogo immondo. Affondiamo nuovi passi in una neve compatta, oltrepassiamo le recinzioni di filo spinato elettrificato seguendo lo stesso tragitto dei morituri di allora, rendendo onore nella processione silente alla memoria di quanti vennero annientati senza motivo.

 

 

 

 

Quanti avevano una sufficiente forza lavoro per sopravvivere alcuni giorni o poche settimane proseguirono il tour nazista all’interno di Birkenau e vennero alloggiati in un serie di baracconi rossicci, di cui alcuni risultano intatti. Entriamo in uno di essi.Queste gabbie contenevano centinaia di persone in condizioni precarie: le persone dormivano ammassate in terra o in letti di legno, paglia e sporcizia, fra i ratti che si nutrivano di porzioni della loro carne senza che i prigionieri avessero la forza di reagire, a maggior ragione nel prosieguo debilitante della loro permanenza.

 

Ho tentato di immaginare il punto di vista di quanti alloggiarono realmente in tali luoghi. Guardando fuori dalle finestre appannate dal freddo, ho tentato di osservare coi loro occhi, di sentire la paura, di immedesimarmi nella prospettiva claustrofobica di uomini, donne e bambini spaventati, attoniti, smarriti nell’attesa inerme di eventi atroci e inesorabili per sé e per gli altri.

 

 

 

 

Cosa poteva significare essere lì, vivere l’angoscia e la preoccupazione per i familiari di cui s’ignoravano le sorti, osservare quanto avveniva fuori, sistematicamente, nell’indifferenza planetaria? Cosa avranno pensato quelle persone? E riuscivano a guardarsi l’un l’altro, a specchiarsi nella reciprocità degli sguardi  trasfigurati dei propri simili?

 

Qui a Birkeanu i prigionieri vennero costretti ai lavori forzati, stremati, spolpati, supportati soltanto da scarne e inconsistenti brodaglie, finchè non funzionavano più e venivano sostituiti.

 

 

I nazisti li demolirono psicologicamente, privandoli dei loro beni, della libertà, degli affetti, della dignità, della forma umana stessa; e, per fare questo, utilizzarono cinicamente i deportati di origini ebraica più forti fisicamente, costituendo i Sonderkommandos, delle unità speciali che collaborarono con le autorità nazionalsocialiste all’interno dei campi di sterminio, e che , in cambio di alcuni privilegi, interfacciarono l’azione nazista, divenendo delegati di morte e inganno ai danni dei propri fratelli.

 

 

Prima di uscire da Birkenau, la guida ci conduce nelle latrine, che poi sono stalle riadattate. “I prigionieri” –ci racconta- “avevano pochi istanti per le proprie incombenze. In queste latrine putrescenti si accumulavano enormi quantità di escrementi, e penzate che molti ambivano a lavorare qui, in mezzo a odori insopportabili e in condizioni igieniche inesistenti, perché questo era considerato un buon lavoro, dato che non si stava all’addiaccio e non si rischiava di morire. Se questo era un buon lavoro, penzate cosa erano gli altri.”