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Archivi Mensili: marzo 2012

La sorgente dell’amore

21 mercoledì Mar 2012

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Il Consiglio dell'Oste

Il Consiglio dell’Oste

La storia si svolge in un luogo mediorientale senza precise coordinate geografiche, perché è un luogo simbolico, del Corano e delle tradizioni islamiche.

In un territorio sperduto fra aride colline, le donne di un villaggio percorrono ogni giorno il tragitto tortuoso che le conduce a una sorgente d’acqua; le donne compiono abnormi fatiche per portare l’acqua nelle proprie case, a un costo carissimo: quasi tutte hanno perduto, in seguito a tali sforzi,  alcuni dei figli che portavano in grembo.Gli uomini sono per lo più disoccupati, e trascorrono al sole giornate inutili e improduttive, nell’attesa di un gruppo di turisti che ne alimenti l’ozio. Mentre le donne seguono in modo ferreo le tradizioni tramandate da generazioni,  gli uomini coltivano il nulla, in assenza di un lavoro, di una terra da difendere, nel vacuo ricordo degli antenati guerrieri, e osservano le proprie mogli soffrire e i propri figli morire accettando il fatto con stolida e passiva indifferenza.

In questo contesto, la giovane sposa Leila, una donna liberale e istruita venuta dal sud, tenta di aprire gli occhi alle donne della comunità, di renderle edotte della palese disparità cui le stesse sono sottoposte, e, con il sostegno della “Vecchia lupa”, convince parte di esse ad organizzare uno sciopero dell’amore, in base al quale non si concederanno più ai loro uomini finchè gli stessi non si adopereranno per risolvere in qualche modo il problema dell’approvvigionamento dell’acqua. Gli scontri saranno inevitabili, in nome di una tradizione secolare e di una lettura del Corano mistificata e interpretata esclusivamente in favore del sesso maschile: emergeranno miriadi  di problematiche, di sofferenze passate o presenti, fino a che non si renderà necessario un giusto compromesso fra le parti.

Radu Mihaileanu, già autore di opere quali “Train de vie” e “Il concerto”, realizza a modo suo un film difficile, affrontando un certo fondamentalismo islamico con tocco lieve e un‘armonia narrativa capace di scrutare con garbo i microcosmi nascosti fra le mura domestiche del piccolo villaggio musulmano. Mihaileanu mette in discussione quella parte della tradizione inquinata dall’irragionevolezza e dal rifiuto della modernità “buona”, ed utilizza a tal pro lo sguardo intenso di Leila, che illumina le coscienze delle sue sorelle dormienti e risveglia le stesse come il vento impetuoso del deserto da cui proviene. Gli occhi scuri dell’attrice francese Leila Bekhti incantano e travolgono grazie alla forza e alla sensualità di una consapevolezza che si traduce in riscatto sociale, sessuale, storico.

L’acqua, l’amore, la memoria, la consuetudine sono temi che s’intrecciano, ancora una volta, fra le trame di un film che dice la verità utilizzando un linguaggio schietto e pulito; il canto corale di quelle donne sottomesse rappresenta la rivalsa, la ribellione a un mondo che non c’è più, la fragorosa sferza in grado di colpire e affondare le ombre di un passato anacronistico e di bieche tradizioni che hanno smarrito i presupposti stessi della cieca ripetizione che le caratterizza.

Human being

19 lunedì Mar 2012

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Pensieri

Dice: “Siamo fortunati. Viviamo nell’unico pianeta del sistema solare capace di creare condizioni idonee per la vita. Non è troppo vicino o troppo distante dal sole, è in una posizione perfetta. Che fortuna essere qui“.

Il fatto è ben diverso. Se ne può discutere proprio a causa (o per merito) della suddetta posizione. A volte, a sentire i discorsi degli uomini, sembra che la piaga umana sia capitata da queste parti con l’ausilio di eventi sovrannaturali, come se un’entità superiore avesse scelto questo luogo per noi.

Non esageriamo.

Ci arroghiamo spesso un ruolo troppo centrale nella storia della vita, del pianeta, dell’universo. Forse perchè è dura ammettere che siamo il frutto di combinazioni casuali, che la vita proseguirebbe (forse meglio) anche senza l’uomo, che il luogo in cui viviamo è sacro in quanto raro e prezioso, che non c’eravamo prima e non ci saremo poi, che siamo fatti della stessa energia di cui sono fatte le stelle.

Casinò

17 sabato Mar 2012

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Scene da ricordare

Robert De Niro e Joe Pesci in una scena del capolavoro di Martin Scorsese

Casinò

17 sabato Mar 2012

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Titoli di testa

I Grandi Classici d’Osteria

1973, Las Vegas.  Sam “Asso” Rothstein (Robert De Niro), scommettitore dalle doti fuori dal comune al soldo della mafia italo-americana, viene ricompensato dal capo clan Remo Gaggi con la direzione di un grande casinò, il Tangiers.

 

“Gestire un casinò è come derubare una banca senza poliziotti in giro. Per gente come me, Las Vegas purifica dai peccati. È come un lavaggio macchine della moralità” – dice Rothstein all’inizio del film, in una frase che introduce alla perfezione il suo personaggio.Las Vegas è il terreno di caccia ideale per Asso, un uomo che conosce ogni regola del gioco d’azzardo, dalla pura forma estetica del grande meccanismo ai trucchi più subdoli utilizzati da bari d’ogni sorta.

 

Rothstein s’inserisce così rapidamente nel sistema, lavorando su ogni minimo aspetto del casinò, moltiplicando i profitti del medesimo in forza di una gestione a tutto tondo di un’impresa in cui si controlla ogni cosa ad eccezione delle scremature sugli incassi.

Aumentano i profitti e di conseguenza aumentano gli introiti sommersi dei mafiosi di Kansas City, e la famiglia di Gaggi decide così di tutelare l’operato dell’imprenditore, assegnando al gangster  Nicky Santoro (Joe Pesci) la sua sorveglianza: inizialmente Nicky, amico d’infanzia di Rothstein, vigila a distanza su Asso e sull’attività del casinò, ma poi decide di trasferirsi in pianta stabile a Las Vegas, dove troverà un ambiente vergine in cui sviluppare i suoi metodi caratterizzati da violenza ed estorsioni.

 

 

“In un casinò, la regola principale è di continuare a far giocare i clienti, e di farli tornare il giorno dopo. Più giocano e più perdono. Alla fine becchiamo tutto noi” – spiega Rothstein, che, per alimentare ulteriormente questo circolo vizioso,  assolda Ginger (Sharon Stone), un’affascinante ed avida truffatrice nel giro della droga e della prostituzione. La donna, legata profondamente al suo pappone Lester (James Woods), conosce Las Vegas e i desideri di chi la frequenta, e distribuisce con disinvoltura sesso e stupefacenti ai clienti e mazzette ai parcheggiatori, contribuendo al successo di Asso e del Tangiers.

Il gioco di Scorsese prosegue fra i Grandi Classici d’Osteria

Ekaterina Panikanova

16 venerdì Mar 2012

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Galleria

GalleriaIl sogno rosso (2007)

 

Inland

16 venerdì Mar 2012

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Parole

Settimo Dogma d’Osteria

 

 

Osteriacinematografo è uno sforzo creativo che tende a mostrare il non luogo in cui dimora la mente dell’oste. Il caos di natura organizzativa, estetica e concettuale che regna in questi luoghi impervi potrebbe quindi essere il frutto diretto del casuale e saltuario malfunzionamento delle giunture sinaptiche dell’Oste medesimo.

Ore Liete

14 mercoledì Mar 2012

Posted by osteriacinematografo in Poesie

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Poesie

Poesie d’Osteria

Gli altri.

Chi sono gli altri?

Guardo fuori Guardo dentro.

Effetti collaterali della dispersione.

Rarefatte sovrapposizioni di tempo abbandonato in piccole rate a tasso zero.

L’imbuto rovesciato distribuisce materia ed eventi in uno spazio dilatato.

Il Nero Nulla acquista campo in assenza di ricevuta fiscale.

Le flebili fiammelle della memoria si sfibrano sotto i colpi di una scure vento.

Il Centro Recupero Crediti Mnemonici attiva contorte Proteine Anti Oblianti.

Tutto è ieri Tutto è adesso.

Un Urlo d’Iridescente Ribellione contiene l’effetto demolitore del Folle Dinamitardo.

L’eterno splendore di una mente immacolata

illumina a giorno il tetro e angusto imbrunire di un passato inalterabile.

Corridoi luminosi invadono ogni prospettiva possibile.

La luce s’infila fra le scanalature ombrose di sentieri perduti,

morde gli argini di corsi e ricorsi in bianco e nero,

colora i lineamenti di visi e parole miliari disseminati lungo la Via.

Lo specchietto retrovisore della reminiscenza s’aziona e prende fuoco.

E tutto è di nuovo chiaro.

Ogni cosa fa parte di ogni cosa.

Ogni singola vibrazione, ogni istante condiviso nel bene e nel male

fa parte di noi, di ciò che siamo, adesso, sempre.

Un mosaico casuale di pezzi sparsi fra i bottoni di Ore Liete della nonna.

I labirinti sotterranei della mente nascondono le trame di un film esistenziale

fatto di camei, apparizioni, sceneggiature multiple,

finali a sorpresa e Scrigni di Pandora.

Un cast d’eccezione che ha concorso,

col tocco lieve dell’incoscienza,

alle forme di un’opera che è la vita stessa.

E gli altri, gli altri siamo noi.

Ecco chi sono gli altri.

The Doors

14 mercoledì Mar 2012

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The others

Viaggio ad Auschwitz – Parte Terza

13 martedì Mar 2012

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Cronache e Storie d'Osteria

Cronache e Storie d’Osteria

Riprendiamo da Birkenau, al capolinea dei vagoni della morte. Riporto fedelmente il racconto della graziosa guida polacca.

 

 

 

Chi non era ritenuto abile al lavoro veniva immediatamente condotto alle camere a gas. Qui si cercava di mettere a proprio agio le persone, con una serie di subdoli stratagemmi. Ai prigionieri veniva infatti detto di ricordare il numero identificativo, di spogliarsi completamente, di sistemare con cura gli abiti, di allacciare tra loro le proprie scarpe in modo da non spaiarle; i prigionieri venivano poi forniti di sapone e asciugamani, così da rendere ancor più credibile la messinscena.

 

 

Le stanze delle docce –nel frattempo- venivano riscaldate grazie al calore prodotto dai forni sovrastanti, di modo che la macchina di distruzione di massa potesse sfruttare un ciclo continuo e redditizio. Una volta entrati, i locali venivano sigillati; il passo successivo era spegnere le luci, così da creare panico, iperventilazione e consumo abbondante di ossigeno. Dopo di che era la volta dello Zyklon-B (creato in origine come antiparassitario), un gas che produce rapidamente i suoi effetti mortali a una temperatura di circa 25 gradi, giusto quella prodotta dal calore dei forni. Il gas veniva sparato dall’alto sui corpi di persone ignare: alcuni soffocavano subito, mentre le più tenaci si aggrappavano con le unghie alla vita e ai corpi degli altri, in una disumana scalata che formava colonne d’uomini straziati. In pochi minuti i cadaveri erano pronti per essere cremati: infilati in un montacarichi, venivano bruciati in massa al piano superiore. Il cinico meccanismo teutonico prevedeva infine che la polvere umana, perfino quella, venisse in un certo senso utilizzata e venduta come concime ai contadini polacchi dei dintorni, così da non sprecare nulla.

Un film dell’orrore sceneggiato da menti fuori controllo.

 

 

La guida ci mostra i resti semi-demoliti dei forni, e le targhe commemorative scritte nelle lingue delle tante patrie che hanno perso dei figli in questo luogo immondo. Affondiamo nuovi passi in una neve compatta, oltrepassiamo le recinzioni di filo spinato elettrificato seguendo lo stesso tragitto dei morituri di allora, rendendo onore nella processione silente alla memoria di quanti vennero annientati senza motivo.

 

 

 

 

Quanti avevano una sufficiente forza lavoro per sopravvivere alcuni giorni o poche settimane proseguirono il tour nazista all’interno di Birkenau e vennero alloggiati in un serie di baracconi rossicci, di cui alcuni risultano intatti. Entriamo in uno di essi.Queste gabbie contenevano centinaia di persone in condizioni precarie: le persone dormivano ammassate in terra o in letti di legno, paglia e sporcizia, fra i ratti che si nutrivano di porzioni della loro carne senza che i prigionieri avessero la forza di reagire, a maggior ragione nel prosieguo debilitante della loro permanenza.

 

Ho tentato di immaginare il punto di vista di quanti alloggiarono realmente in tali luoghi. Guardando fuori dalle finestre appannate dal freddo, ho tentato di osservare coi loro occhi, di sentire la paura, di immedesimarmi nella prospettiva claustrofobica di uomini, donne e bambini spaventati, attoniti, smarriti nell’attesa inerme di eventi atroci e inesorabili per sé e per gli altri.

 

 

 

 

Cosa poteva significare essere lì, vivere l’angoscia e la preoccupazione per i familiari di cui s’ignoravano le sorti, osservare quanto avveniva fuori, sistematicamente, nell’indifferenza planetaria? Cosa avranno pensato quelle persone? E riuscivano a guardarsi l’un l’altro, a specchiarsi nella reciprocità degli sguardi  trasfigurati dei propri simili?

 

Qui a Birkeanu i prigionieri vennero costretti ai lavori forzati, stremati, spolpati, supportati soltanto da scarne e inconsistenti brodaglie, finchè non funzionavano più e venivano sostituiti.

 

 

I nazisti li demolirono psicologicamente, privandoli dei loro beni, della libertà, degli affetti, della dignità, della forma umana stessa; e, per fare questo, utilizzarono cinicamente i deportati di origini ebraica più forti fisicamente, costituendo i Sonderkommandos, delle unità speciali che collaborarono con le autorità nazionalsocialiste all’interno dei campi di sterminio, e che , in cambio di alcuni privilegi, interfacciarono l’azione nazista, divenendo delegati di morte e inganno ai danni dei propri fratelli.

 

 

Prima di uscire da Birkenau, la guida ci conduce nelle latrine, che poi sono stalle riadattate. “I prigionieri” –ci racconta- “avevano pochi istanti per le proprie incombenze. In queste latrine putrescenti si accumulavano enormi quantità di escrementi, e penzate che molti ambivano a lavorare qui, in mezzo a odori insopportabili e in condizioni igieniche inesistenti, perché questo era considerato un buon lavoro, dato che non si stava all’addiaccio e non si rischiava di morire. Se questo era un buon lavoro, penzate cosa erano gli altri.”

Easy rider

09 venerdì Mar 2012

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Scene da ricordare
Peter Fonda, Jack Nicholson e Dennis Hopper in una scena di “Easy rider”.

Easy rider

09 venerdì Mar 2012

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Titoli di testa

I Grandi Classici

Bill e Wyatt (Dennis Hopper e Peter Fonda), dopo aver trasportato un quantitativo ingente di droga dal Messico agli Stati Uniti, acquistano due chopper e partono dalla California alla volta del carnevale di New Orleans.  Il loro è il sogno americano su due ruote, è un viaggio di libertà attraverso uno dei luoghi più affascinanti della terra, e la porzione di cielo e paesaggio a loro disposizione rende l’idea d’infinite possibilità.

 

Lungo il percorso, Bill e Wyatt (Capitain America) incontrano e danno un passaggio a un hippie, che li conduce tra la sua gente in una comune: qui la tolleranza e l’armonia regnano incontrastate, e la convivenza pacifica di questa struttura estranea alla società convenzionale è l’emblema di quanto accadrà poi: la comune è l’oasi simbolica e verdeggiante in mezzo a un deserto aspro e irto di insidie, un non luogo dove poter assaporare la felicità di un bagno discinto assieme a due ragazze in una sorgente d’acqua calda.

 

I due amici salutano l’oasi, e proseguono il tragitto verso sud.  E più si spingono a sud, più aumentano i segnali di diffidenza nei loro confronti; vengono ignorati sistematicamente persino dai peggiori motel, e dormono sotto le stelle, accanto al fuoco e alle loro moto. Vengono arrestati in una cittadina per aver preso parte a una parata senza permesso, e in cella conoscono George Hanson (Jack Nicholson), un giovane e facoltoso avvocato alcolizzato, che li tira fuori dai guai e prosegue il viaggio con loro alla volta di New Orleans.

Il viaggio di Bill e Wyatt prosegue fra i Grandi Classici d’Osteria

Quasi amici

07 mercoledì Mar 2012

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Scene da ricordareOmar Sy e Francois Cluzet in una scena del film di Olivier Nakache ed Eric Toledano

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