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Archivi Mensili: ottobre 2012

The Nightmare before Christmas – Reloaded

26 venerdì Ott 2012

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Prima del volo

Il Precipizio

 

Fuori.

Braccato, inseguito.

Sottobraccio e a tracolla,

vecchie valigie sgangherate.

E uno spago sfibrato a correre tutto intorno,

ad assicurare il carico e a consumare il sottile strato di pelle di palpebra,

come il forcipe di luce che appena nato mi accecò, tramutandomi in Willy l’Orbo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Dentro il bagaglio:

Schizzi Sgorbi Versi Frizzi e Lazzi

Una nota presa da ragazzino

Un’ampolla d’Inchiostro Blu

Le balle di Bloom

Kyashan, il mio alter ego androide

Le porte della percezione

La sposa cadavere

Il Santo Graal

Il fascicolo contenente la lettera i

L’ascensore aereo di Willy Wonka

Un tamburo di latta rossa

La pillola rossa, e quella blu.

Il 33 giri col sorriso amaro e dissolto di Jim

Un b-movie di Ed Wood

La paura di far paura a qualcuno, nelle notti complici e profonde

Un mangianastri color arancio

Una bottiglia di gazzosa GB

La sensazione che tutto vada bene

E alcune vecchie pellicole di famiglia, protette dalla coltre spessa e ingiallita del tempo.

 

Metto in Scena la mia fuga.

Io che rappresento uno sparuto drappello d’idee,

grazie a una strampalata ed arcana procura speciale.

Un Gilliamiano con tendenze al Burtonismo in pieno deserto rosso.

Scappo dall’anticamera di una lavanderia verde pisello che mi apparve in sogno.

E’ solo un sogno, è soltanto un sogno.                                                                  
Il Sogno Cinematografico e Citazionista prosegue in FilmOsteria

La poetica di Michael Mann

20 sabato Ott 2012

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Pensieri

Pensieri d’Osteria

 

A Lucio, Amico e Cinefilo

 

 

Michael Mann è l’autore di un bel film del 1995, intitolato “Heat – La sfida”, in cui il cacciatore Pacino insegue la preda De Niro in un duello che è psicologico prima ancora che fisico, nonostante i risvolti estremamente tangibili della disputa, fatta di inseguimenti, pedinamenti e drammatiche sparatorie. E’ una caccia lunga e sfiancante, che si sviluppa senza soluzione di continuità lungo un percorso cinematografico lungo quasi tre ore..

 

 

A un certo punto della storia, il cacciatore sembra aver mollato la presa, non crederci più, e gradualmente affievolisce l’intensità del suo inseguimento, fino a dare la sensazione di arrendersi. Inoltre un dramma personale e improvviso lo travolge e allontana ulteriormente dalla sua personale ossessione.

La preda pare salva, al sicuro. E’ in auto con la donna che ha deciso improvvisamente di amare, e un aereo lo attende per la fuga definitiva in Nuova Zelanda. Ma sono sufficienti un nome e un indirizzo, suggeriti da un amico sotto forma di spietato e gratuito assist telefonico, a minare le nuove sicurezze che l’uomo ha maturato: c’è un cerchio da chiudere, una vendetta da compiere, una missione da terminare.

L’inevitabile deviazione verso l’abisso fornisce l’ultima occasione ai duellanti, il passo finale di un balletto d’ombre fra gli altalenanti e mortali bagliori dell’aeroporto di Los Angeles

Il poliziotto e il malvivente sono identici in questa rappresentazione cinematografica, tanto che il primo par inseguire se stesso, così come, simmetricamente, la preda sembra scappare dalla sua proiezione: il loro destino è quella strada che percorrono in parallelo, separati soltanto da un guardrail impercettibile, lungo il quale giustizia e ingiustizia si mescolano fino a smarrire le rispettive connotazioni. I loro interlocutori e l’ambiente in cui si muovono sono gli stessi, e la sfida si produce sullo stesso terreno, con le stesse armi e metodologie d’azione, perché il loro è un gioco al massacro in compartecipazione, i cui contendenti sono forze uguali ma di segno opposto, che si avvicendano sulla scena come le facce di una monetina in eterna ed irrefrenabile oscillazione.

Cacciatore e preda non riescono, pur volendo, ad allontanarsi dalle proprie inclinazioni naturali: curano ogni dettaglio dei rispettivi mestieri in modo maniacale, aderendo scrupolosamente ai rispettivi ruoli, indossando con disinvoltura le maschere dello sbirro e del criminale, come se queste rappresentassero la loro essenza più intima; entrambi antepongono il lavoro a tutto il resto, entrambi studiano con perizia ogni particolare, entrambi agiscono con lungimiranza e cautela, e si muovono con passo leggero su una scacchiera che è la vita stessa, in fremente attesa di una nuova mossa, e dell’ennesima contromisura da adottare.

I duellanti si somigliano, si riconoscono, si rivedono l’uno nell’altro, tanto da instaurare un rapporto di profonda e reciproca ammirazione, ma il gioco è spietato, ed esige un vincitore e un vinto. Qualcuno deve perdere, ma la vittoria è dolorosa quanto la sconfitta, e nel finale le mani dei protagonisti si stringono a testimoniare il rispetto e la lealtà di un duello estremo ma cavalleresco.

Continuo a non condividere la sfrenata passione di Mann per le cascate di piombo e pallottole, ma devo riconoscere di aver intuito e (forse e finalmente) compreso, dopo numerosi tentativi, quella che il mio amico Lucio si ostina a definire da anni “la Poetica Manniana”.

Ralph Albert Blakelock

13 sabato Ott 2012

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Moonlight (1885)

Gilles (1950-1982)

11 giovedì Ott 2012

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Personaggi da ricordare

“Gilles è stato l’ultimo grande pilota. Il resto di noi è solo un gruppo di buoni professionisti” (Alain Prost) 

Gilles Villeneuve – L’Aviateur

11 giovedì Ott 2012

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Cronache e Storie d'Osteria

Cronache e Storie d’Osteria

 

Alcuni anni fa, Enzo Ferrari disse: “Quando mi guardo indietro, vedo tutti quelli che ho amato. E tra loro vi è anche questo grande uomo, Gilles Villeneuve”. Il Drake amava Gilles come si può amare un figlio.

Capita a tutti di guardarsi indietro, e di fare un bilancio sulle persone: chi è stato più o meno importante, chi ha significato qualcosa, chi ci ha fatto in qualche modo sognare, chi non si può in nessun modo dimenticare.

Gilles è stato uno degli eroi della mia infanzia. Sapete quel modo che hanno i bambini di vedere le cose, quel modo che poi si ricorda proprio come fosse un sogno, con i contorni mal definiti e una forma ellittica, quasi impalpabile?  Io mi ricordo così di Gilles Villeneuve, quasi fosse l’eroe di un film d’avventura, e così a tratti mi sembra vero e a tratti no, per quanto ho mitizzato lui e il suo ricordo, per quanto egli faccia parte da sempre del mio immaginario.

Gilles l’aviatore, o l’acrobata, come lo definì il suo amico e rivale Renè Arnoux, Gilles l’eroe romantico e spericolato, che prese il posto di Niki Lauda in Ferrari sul finire del campionato di formula uno del 1977. Da quanto mi hanno raccontato, pare che “Nicco Lauda” fosse una delle prime parole strane da me proferita, e ciò non mi sorprende, visto che le automobili a casa mia la facevano da padrone.

Ricordo macchine di ogni tipo: una Maserati biturbo blu notte, alcune vecchie Porsche 911 e Ferrari GTO, l’Austin Healey, una fantastica Morgan bianca con una sorta di cinta in pelle sul cofano, una Jaguar E-Type bianca, la mitica Nissan Datsun 240Z (in cui forse sono nato), una Jeep Laredo Golden Eagle, una De Tomaso Pantera, una delle prime Nissan Patrol (cui ero particolarmente affezionato), ricordo una magnifica Renault Alpine blu elettrico, ma soprattutto una Lotus Seven bianca con cui spesso io e mio padre andavamo a divertirci la domenica mattina; all’epoca avevo un casco nero e la divisa originale della Ferrari, ed ero convinto di essere Gilles Villeneuve, anche se al volante non potevo esserci io, per forza di cose.

 

Gilles Villeneuve mi è piaciuto sin dal primo momento: aveva un’aria un po’ svagata, un velo malinconico disteso sugli occhi, e sembrava essere costantemente Altrove; Gilles aveva la sfrontatezza dei Guasconi e un sorriso dolceamaro che conquistava tutti. Ma soprattutto Villeneuve era un pilota eccezionale, uno che arrivava sempre al limite, che non alzava mai il pedale dall’acceleratore: per tutti questi motivi, in poco tempo conquistò l’amore e la passione di tantissimi tifosi, che lo seguivano come un idolo assoluto, nonostante poi non abbia avuto i risultati sportivi che meritava.  Ma, come disse Juan Manuel Fangio di lui: “Gilles Villeneuve non correva per finire la gara. Non correva per i punti. Lui correva per vincere. Era piccolo di statura, ma era un gigante” .

Un personaggio del genere non può passare inosservato, non può lasciare indifferenti, perché in pista era una furia, e finiva ogni gara con la sua Ferrari piuttosto malconcia. Ricordo come fosse ieri la volta in cui riprese a correre dopo aver perso completamente uno pneumatico: proseguì il giro su tre ruote, finchè il cerchione e la sospensione cedettero; Gilles continuò lo stesso a spingere con la Ferrari numero dodici che andava di traverso, arrivando ai box con la parte posteriore della vettura divelta e scintille che sembravano fuochi d’artificio. Per colpa di quell’avventatezza, perse il mondiale, ma conquisto la gente per il suo stile di guida spericolato, per la sua geniale “follia” al volante.

 

E ricordo ancora meglio il suo duello con Arnoux nel Gp di Francia del 1979 (avevo solo quattro anni, quindi forse è uno dei miei primi ricordi in assoluto): Gilles sembrava un tarantolato , e il suo avversario non era da meno (la Renault fra l’altro viveva anni d’oro), e i due si sorpassarono fino a toccarsi più volte, fino a rischiare tutto, con mezzi che non avevano di certo le misure di sicurezza che hanno le auto moderne. Alla fine la spuntò Villeneuve, e quel duello viene ricordato ancora oggi come uno dei più appassionanti della Formula Uno di sempre.

 

Sopraggiunse poi la rivalità col suo compagno di squadra Pironì, e lo smacco di Imola, col sorpasso sleale di Didier, e poi il Gp successivo a Zolder, in Belgio, e la voglia di Gilles di riacciuffare l’antagonista, una voglia matta, incontrollabile, che lo spinge a tentare un giro eccezionale nella qualifiche: la sua Ferrari esce velocissima in curva, ma sulla stessa maledetta curva procede lentamente la March di Jochen Mass; è un attimo, un millesimo di secondo, un’incomprensione, il contatto è inevitabile, la March è un trampolino di lancio per Gilles, che vola con la sua Ferrari che si disintegra, e viene disarcionato, e il suo corpo si libra e volteggia fra le macerie, compiendo movimenti innaturali, per finire poi la sua corsa e la vita stessa a bordo pista.

Gilles muore l’otto maggio 1982. Avevo compiuto 7 anni da tre giorni, e da quel giorno non ho mai avuto dubbi: Gilles Villeneuve, vinse pochi Gran premi e nemmeno un mondiale, ma per me rimarrà per sempre il più grande pilota automobilistico di tutti i tempi; e un eroe nel senso romantico del termine, un eroe indimenticabile, che mi ha insegnato la follia, il coraggio, il desiderio di sognare.

“Non c’è alcun dubbio, Gilles era straordinariamente coraggioso. Era il più gran bastardo contro cui si potesse correre e che io abbia mai conosciuto, ma era assolutamente leale. Un pilota grandissimo” (Keke Rosberg)

 

Il cavaliere oscuro – Il ritorno

08 lunedì Ott 2012

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Scene da ricordare

Tom Hardy interpreta Bane in “The dark knight rises”, l’ultimo lavoro di Christopher Nolan

Il cavaliere oscuro – Il ritorno

08 lunedì Ott 2012

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Titoli di testa

FilmOsteria

L’ultimo capitolo della trilogia di Nolan dedicata a Batman si dimostra all’altezza dei primi due episodi. Il lavoro del regista inglese procede sulla falsariga delle opere precedenti, con una serie di immagini imponenti e potentissime a scandire i contorni di una storia che travolge e cattura lo spettatore per quasi tre ore.

Sono passati otto anni, e Gotham City, lugubre e cadente specchio della società odierna, vive una fase di tregua apparente, benché lo status quo affondi le sue radici da un lato sulla beatificazione del falso eroe Harvey Dent e del decreto anti-corruzione che porta il suo nome, dall’altro sulla condanna di Batman, il mostro scomparso nel nulla con l’accusa dell’omicidio di Dent.  Gotham pone quindi le sue basi sulla menzogna e sulla messa in scena, strumenti utilizzati per fornire ai cittadini un idolo da seguire come idea di bene assoluto, e un colpevole mascherato da additare come capro espiatorio universale. Il commissario Jim Gordon è l’uomo cui vengono affidati la dolorosa verità  e tutto il peso che la stessa comporta: egli vive il travaglio di un senso di colpa che lo logora e attanaglia, ma tace per non compromettere il sottile equilibrio di Gotham.

Nel frattempo Bruce Wayne è divenuto il pallido riflesso dell’uomo brillante che era in passato, e vive nell’isolamento del suo palazzo, distante dalla città e dalla gestione della Wayne Corporation, che lentamente si sgretola e cede senza difese all’assalto di speculatori senza scrupoli, che si riveleranno poi i meri burattini di un meccanismo assai complesso.

Il grande burattinaio ha le sembianze di Bane (Tom Hardy) , un uomo forgiato nell’odio e nella sofferenza, in un turbine di violenze e torture inaudite che ne hanno temprato lo spirito.  Bane si presenta a Gotham come la chiave per rovesciare l’ordine costituito e il regime di privilegi cristallizzati; fornendo ai cittadini l’infida illusione della rivoluzione e di una società più equa, instaura un regime di terrore e violenza senza precedenti, paralizzando ogni possibile controffensiva grazie a un sofisticato e subdolo ricatto di massa.

L’arrivo di Bane costringe Bruce Wayne a indossare di nuovo la sua maschera, ma Batman, debilitato nel corpo e nell’anima,  sottovaluta la ferocia e la determinazione del suo antagonista: Bane non conosce la paura, e la sua forza è un liquido nero e densissimo che riempie inesorabilmente ogni possibile anfratto della coscienza, fino a colmare tutto lo spazio fisico disponibile; Bane è il male stesso, è l’esecutore materiale di un credo, la mano armata di una fede cieca, in nome della quale annienta Batman e lo costringe all’esilio nelle prigioni in cui egli stesso nacque: in quel luogo dimenticato, Wayne avrà modo di ricostruirsi, di rinascere (“The dark knight rises“- recita il titolo originale del film) nella stessa violenza che aveva cullato Bane:  il cavaliere oscuro risorgerà dalle ceneri dei propri convincimenti, dopo aver recuperato la paura di morire, e di riflesso l’amore per la vita.

Il Bene e il Male proseguono la loro eterna lotta in “FilmOsteria”

Central Park

07 domenica Ott 2012

Posted by osteriacinematografo in Pensieri

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Prima del volo

Il Precipizio

In questi giorni, o forse è meglio dire in queste notti, sto leggendo un romanzo di Paul Auster, intitolato “Moon Palace”. Il romanzo narra la storia di un newyorkese, tale Marco Stanley Fogg, che, dopo la morte dello zio, inizia gradualmente a disinteressarsi della propria vita, a spogliarsi di tutto, persino di  se stesso, fino a sprofondare nell’inedia assoluta. Marco si mantiene vendendo i libri ereditati dallo zio, libri di cui si nutre intellettualmente, prima di disfarsene. Non appena termina di leggere e poi cedere gli ultimi volumi, il giovane lascia la propria abitazione, e finisce in strada. Il suo nuovo e improvvisato giaciglio si trova in un punto imprecisato di Central Park, dove trova un dolce e pacifico ristoro che lo isola e preserva dalla città e dagli uomini. In quel luogo tutto è diverso, se pur la metropoli pulsi e si snodi a ridosso del parco.

“Il parco divenne un rifugio, un ricovero nell’intimità a confronto con le stridenti pretese della strada … Per strada tutto è fisicità e confusione: piaccia o meno, non ci si può inoltrare senza aderire a un rigido canone di norme di comportamento … Se ci si attiene alle regole del gioco, di norma si viene ignorati. I newyorkesi che girano per le strade portano stesa sullo sguardo una particolare fissità vitrea, una forma naturale e forse necessaria di indifferenza nei confronti degli altri … L’aspetto, per esempio, non conta nulla. E’ al contrario della massima importanza il modo in cui ci si contiene sotto il vestito. Gesti imprevedibili di qualsiasi tipo vengono automaticamente considerati una minaccia … Per  contrasto, in Central Park la vita consentiva una gamma assai più ampia di variabili. Nessuno aveva niente da dire se uno si  stendeva sull’erba e si metteva a dormire in pieno giorno.”

La riflessione a cavallo fra parco e città prosegue ne “Il Precipizio”

Amapola – Ennio Morricone

03 mercoledì Ott 2012

Posted by osteriacinematografo in Soundtrack

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Soundtrack

Soundtrack

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RadiOsteria consiglia Amapola, struggente brano in grado di percorrere lo spazio e il tempo, di perdersi e veleggiare lungo le rive del sogno, un sogno intitolato “Once upon a time in America” (1984), una delle opere d’arte di Sergio Leone, di cui Ennio Morricone compose l’indimenticabile colonna sonora. Uno dei migliori soundtrack di sempre per uno dei capolavori assoluti del cinema d’ogni tempo. E Amapola è soltanto un piccolo assaggio.

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    • PARADISO AMARO (THE DESCENDANTS) – Alexander Payne
    • PICCOLE BUGIE TRA AMICI – Guillaume Canet
    • REDACTED – Brian De Palma
      • Nemici immaginari – Dall’Iraq a Buzzati e ritorno
    • RUGGINE – Daniele Gaglianone
    • THE EDGE OF LOVE – John Maybury
    • THE HELP – Tate Taylor
      • Il fascino sottile dell’intolleranza
    • THE IRON LADY – Phyllida Lloyd
    • THIS MUST BE THE PLACE – Paolo Sorrentino
    • UNA SEPARAZIONE – Asghar Farhadi
    • VENTO DI PRIMAVERA – Rose Bosch
    • WARRIOR – Gavin O’Connor
  • I Grandi Classici
    • A history of violence
    • Amour
    • Casinò
    • Easy rider
    • Eyes wide shut
      • La tana del Bianconiglio
    • La città incantata
      • Paragone acrobatico con il mito di Orfeo ed Euridice
    • Schindler’s list
    • The artist
  • Il precipizio
    • Andy Kaufman – Man on the moon
    • Antonio Sampaolesi – Mio nonno, il mio idolo.
    • Caccia sadica
    • Central Park
    • Cigolante vetustà
    • Compenetrante Simbiosi Nordica
    • Cosmogonia d’Osteria
    • Crisi gravitazionale
    • Da Zachar a Wall-E in pilota automatico
    • E-voluzione
    • Effetto Domino
    • Follia o rivelazione?
    • Freccia rossa
    • Fuga d’ombre nel capanno
    • Generi cinematografici
    • I cantanti
    • Il pelo del pile
    • Il Visa
    • Inchiostro
    • L’Estetica del Toro
    • L’incontro
    • La chimica del mare
    • La fine 1.0
    • Magma dal retrobottega
    • Mezzosogno
    • Mine vaganti su Skyfall – L’altalena delle aspettative
      • Assenza di aspettative – Mine vaganti
      • Overdose di aspettative – Skyfall
    • Mostri alati
    • Nonna Jole
    • Nonno Dino e il bambino che è in me
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    • puntofisso.com ovvero Il colloquio
    • Salomon
    • Sogni & Catapulte
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    • The Nightmare before Christmas – Reloaded
    • Tuta alare
  • L’Atlante delle Nuvole
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      • Tutto è connesso – Odissea nella coscienza unificata
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      • Oltre lo specchio
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