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Archivi Mensili: novembre 2012

La cornacchia libberale di Trilussa

26 lunedì Nov 2012

Posted by osteriacinematografo in Trilussa

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Titoli di testa

Guasta e Trilussa davanti alla “Baracca dell favole”, il teatro di burattini che gli stessi crearono nel 1927

Una cornacchia nera come un tizzo,
nata e cresciuta drento ‘na chiesola,
siccome je pijo lo schiribbizzo
de fa’ la libberale e d’uscì sola,
s’infarinò le penne e scappò via
dar finestrino de la sacrestia.

Ammalappena se trovò per aria
coll’ale aperte in faccia a la natura,
sentì quant’era bella e necessaria
la vera libbertà senza tintura:
l’intese così bene che je venne
come un rimorso e se sgrullò le penne.

La storiella della cornacchia prosegue in Singolar Tenzone

“Mine vaganti” su “Skyfall” – L’altalena delle aspettative

19 lunedì Nov 2012

Posted by osteriacinematografo in Pensieri

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Prima del volo

Potrei definire l’aspettativa come la speranza che si ripone in qualcuno o qualcosa. Nel caso specifico, l’oggetto dei desideri è naturalmente il cinema, lo strumento che più di ogni altro realizza e incarna i sogni dell’epoca in cui viviamo.

La domanda che mi pongo in questa sede è la seguente: quanto e cosa eventualmente cambia nell’impatto con l’opera cinematografica, al mutare della predisposizione psicologica individuale?

Capita infatti di assumere gli atteggiamenti più disparati nel momento in cui ci si accinge a vedere un film, e tutto ciò può dipendere da numerosi fattori, legati alla sfera più intima dello spettatore, al grado di recettività del medesimo in determinate circostanze, al condizionamento che lo stesso può subire dall’esterno.

Tal mutevolezza può dipendere dallo stato d’animo personale, dalle opinioni fornite da amici e colleghi, dal bombardamento mediatico che l’individuo subisce a livello inconscio (l’individuo in quanto tale e in quanto membro di una collettività); può dipendere da una serie di valutazioni pregiudiziali attinenti il regista, il cast o la sceneggiatura di un’opera, da quanto dicono o scrivono alcuni critici cinematografici particolarmente autorevoli, o dal tempo che intercorre fra il momento in cui si inizia a desiderare un film e il momento in cui se ne prende visione.

Si può quindi assumere un atteggiamento diverso a seconda che si nutrano o meno aspettative; se non se ne nutrono affatto o se ne nutrono in misura minima, si può adottare un contegno sospettoso, una posa guardinga o comunque mantenere una diffidenza di base relativamente a un film: tale stato induce sovente il soggetto a procrastinare nel tempo o persino ad evitare la visione di un film. Ma quando il punto di attracco poggia su presupposti simili, caratterizzati da una scarsa propensione alla positività di giudizio, si possono verificare succulenti sorprese, assimilabili a piccole e luminose rivelazioni. E’sufficiente fidarsi e concedersi una tappa in ogni porto per uscire dall’omologazione concettuale del nostro tempo.

Al contrario, si può sviluppare un’aspettativa abnorme nei confronti di un’opera, fatto che spesso induce a sovrastimare in sede preliminare l’opera stessa, che poi soccombe al cospetto di quanto si è idealizzato nelle sublimi sfere dell’immaginazione, in cui passano in rassegna tutte le sfumature estatiche e potenziali  dell’arte. In tal caso aumenta esponenzialmente il rischio di amare delusioni, e d’altro canto la soddisfazione corrisponde a un rassicurante appagamento, alla conferma di quanto si pensava che fosse.

Può quindi accadere che le attese siano o meno confermate dai fatti, fenomeno che implica sentimenti di vasto assortimento, a cavallo fra sorpresa e delusione (la gamma compresa fra i due “valori” di riferimento è amplissima).

Analizzando il problema in termini concreti, l’alternanza emotiva in esame si è prodotta recentemente e in modo assolutamente casuale nella mente dell’Oste, grazie al contributo opposto di due film che non hanno nulla in comune fra loro: “Mine vaganti” e “Skyfall”. Tenterò di analizzare i due film utilizzando l’aspettativa come criterio di base; la sede di tal duplice analisi è collocata (o dovrebbe esserlo) nella biforcazione che si trova in fondo al corridoio delle mie brame.

ASSENZA DI ASPETTATIVE – MINE VAGANTI                                              OVERDOSE DI ASPETTATIVE – SKYFALL

White rabbit – Jefferson Airplane

16 venerdì Nov 2012

Posted by osteriacinematografo in Soundtrack

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Soundtrack

SoundtrackRadiOsteria consiglia “White Rabbit”, pezzo ipnotico e perturbante dei Jefferson Airplane, celeberrimo gruppo acid-rock californiano che diede il via alla corrente psichedelica. “White Rabbit” venne scritta nel 1967 da Grace Slick, la vocalist della band, e l’album in cui il pezzo è contenuto, “Surrealistic Pillow” è considerato uno dei manifesti del movimento hippy. I Jefferson Airplan esplorarono i mondi di Carroll, e scoprirono quanto è profonda 
la Tana del Bianconiglio.

Go ask Alice, I think she’ll know
 When logic and proportion have fallen sloppy dead
And the white knight is talking backwards
And the red queen’s off with her head
Remember what the dormouse said
Feed your head, feed your head


Un’estate da giganti

12 lunedì Nov 2012

Posted by osteriacinematografo in film

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Fermo Immagine

Diapositive

Zacharie Chasseriaud, Martin Nissen, Paul Bartel in una scena del film di Bouli Lanners

Un’estate da giganti

12 lunedì Nov 2012

Posted by osteriacinematografo in film

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Il Consiglio dell'Oste

Il Consiglio dell’Oste

“Un’estate da giganti” è il secondo lavoro dietro la macchina da presa, dopo “Eldorado”, di Philippe “Bouli” Lanners, artista belga versatile e originale.

Il film narra la storia di Zak e Seth, due fratelli di tredici e quindici anni, e del loro inconsueto ed isolato soggiorno nella casa di campagna del nonno defunto. Annoiati e squattrinati, i due ragazzini trascorrono giornate allo sbando, senza una guida che non sia il loro istinto adolescenziale, tanto vitale quanto impreparato alle cose della vita.

 

Il loro unico contatto familiare è la voce di una madre perennemente lontana, che annuncia e proroga in modo sistematico la propria assenza, nel corso di brevi e rarefatte comunicazioni telefoniche.  Zak e Seth conoscono poi Dany,un ragazzino del luogo che vive il loro stesso stato di abbandono,per via di genitori anziani e di un fratello violento e psichicamente instabile.

L’improvvisato terzetto sviluppa così uno spirito di sopravvivenza sui generis, fatto di piccoli espedienti quotidiani, assecondando in modo ingenuo ma democratico le idee più bizzarre di ciascuno dei componenti, compiendo scelte spesso avventate e inadeguate, al cospetto di adulti insulsi, in cui non si può riporre alcuna fiducia: “i grandi” vengono infatti descritti nel film come persone insensibili e indifferenti, prive di etica e scrupoli, di amore e identità, come titolari di esistenze squallide e asettiche, quasi fossero essi stessi il prodotto dell’abbandono.

I tre ragazzini, che sono i giganti della storia, comprendono in fretta di non avere speranze o prospettive nell’incivile squallore degli uomini, dato che sono gli adulti stessi a schiacciarli e ingannarli, a imporgli angherie d’ogni sorta, ad esasperarli, a costringerli all’emarginazione.

 

I pensieri di Zak, Seth e Dany sono precoci, liquidi, cortisonici, come quando comprendono scientemente di rappresentare una minaccia per l’unica persona che li ha soccorsi e accuditi, una donna che per pochi, immacolati istanti sostituisce ai loro occhi quella figura materna che è così tanto assente nelle loro vite da apparire come una condanna atavica, come un’ineluttabilità ontologica imprescindibile.

 

I piccoli protagonisti del film decidono quindi di vivere allo stato brado nella natura, di mimetizzarsi nel bosco, di seguire il corso del fiume, di immergersi nel mondo naturale, tanto spietato e imprevedibile quanto per lo meno leale.

L’opera di Lanners è contemplativa e si dipana attraverso ritmi lenti e compassati: il regista indugia a lungo e in senso pittorico sul paesaggio, sui particolari del mondo naturale, in cui i tre giovani trovano la giusta dimensione e la necessaria collocazione. E’ un racconto di rottura più che di formazione, e, come è forte il senso di abbandono e di disperazione dei protagonisti, sono altrettanto rilevanti la forza e la libertà dei tre adolescenti, che scelgono con senno una vita selvaggia e incontaminata, lontana dai dettami e dalle imposizioni di una società irrimediabilmente chiusa e inquinata.

I tre ragazzi non hanno bisogno degli adulti, soprattutto di certi adulti, ma di una zattera e dell’acqua, del fiume e del bosco, che dominano il paesaggio a perdita d’occhio:  sul finire dell’opera, Zak, Seth e Dany recidono l’ultimo cordone ombelicale in un gesto definitivo e liberatorio, e la natura li inghiotte, accogliendoli senza celebrazioni o cerimoniali di sorta, quasi a lasciar intendere che sarà lei a crescerli, al di là del bene e del male.

Nonna Jole

08 giovedì Nov 2012

Posted by osteriacinematografo in Pensieri

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Prima del volo

A Luca, Marco, Matteo e alla loro famiglia

L’amicizia è una cosa seria, e, quando ne parlo, ne parlo in senso stretto e in termini estremamente severi. Ciò premesso, ho pochi amici, ma sono degli ottimi amici, che non faccio alcuna fatica a definire fratelli. Il fatto curioso è che, anche quando non li vedo, penso a loro come se fossero realmente miei fratelli, con tutte le implicazioni del caso. Luca è uno dei miei amici più cari, un vero compagno di giochi, avventure e pazzie da più di vent’anni, e probabilmente poche persone mi conoscono come mi conosce lui. E Nonna Jole è la nonna di Luca (e non solo).

Jole ha ospitato per anni me e tutti gli amici di Luca a casa sua, con pazienza, generosità e discrezione. Ci capitava di andare nella taverna di Jole soprattutto nelle serate invernali, quando il freddo si faceva sentire. Sono stati anni fantastici, anni leggeri, anni che non sarebbero stati gli stessi senza quel rifugio così caldo e accogliente, che ben rappresenta, a livello iconografico, la nostra vita di allora.

La storia nostra e di Nonna Jole prosegue lungo la via della memoria

Un anno di Osteriacinematografo

06 martedì Nov 2012

Posted by osteriacinematografo in Pensieri

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Pensieri

Pensiero Celebrativo d’Osteria

Era il 6 novembre 2011 quando iniziai, un po’ per gioco e un po’ per merito dell’Ostessa, a costruire Osteriacinematografo. Se ne deduce come sia passato già (o soltanto) un anno dalla creazione di questo spazio. Un anno è molto tempo. Un anno è pochissimo tempo. Trovo la mia creatura niente affatto invecchiata. Ora è viva e articolata, e densa d’innumerevoli spunti che affiorano in superficie dai più disparati e remoti recessi d’Osteria. Osteriacinematografo è un mio modo di essere e di comunicare, un modo che si fa largo a suon d’immagini e parole, attraverso i linguaggi artistici del cinema, della letteratura, della pittura, della fotografia e della musica, un modo recepito da migliaia di persone in gran parte del globo. Ringrazio sentitamente chiunque abbia speso anche solo pochi istanti del proprio tempo per passare da queste parti, perchè amo questo luogo e gli stimoli che mi offre quotidianamente.

 

Il mio blog è stato visualizzato in più di 60 Paesi, di cui ho l’onore di fornire un elenco dettagliato, oltre alla mappa che rappresenta fedelmente la porzione di pianeta che Osteriacinematografo è riuscita a raggiungere (o infettare, che dir si voglia), superando di gran lunga le più rosee aspettative del sottoscritto. Grazie davvero da un Oste commosso.

Post Scriptum: La cantina è piena di vino nuovo, ma anche di rari distillati che ho lasciato invecchiare a mio e vostro pro.

 

Qui di seguito la gustosa lista:

Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Bosnia ed Erzegovina, Brasile, Bulgaria, Canada, Cile, Cipro, Colombia, Croazia, Danimarca, Ecuador, Emirati Arabi Uniti, Federazione Russa, Filippine, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Giappone, Grecia, India, Indonesia, Islanda, Italia, Kenya, Libano, Lussemburgo, Malesia, Marocco, Messico, Mongolia, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Paraguay, Perù, Polonia, Portogallo, Porto Rico,  Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Taiwan, Thailandia, Tunisia, Turchia, Ucraina, Uganda, Venezuela.

Amalgama – Epilogo (Il Solvente)

03 sabato Nov 2012

Posted by osteriacinematografo in Pensieri

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Pensieri

Stralunati Pensieri d’Osteria

 

Sono forse  le parole a diluire il pensiero,

così come il solvente fluidifica i colori?

O forse il linguaggio è una sorta d’imposizione,

di statizzazione forzosa delle idee?

L’arte imprigiona o libera il pensiero?

Toglie le catene a ciò che altrimenti rimarrebbe inespresso,

nell’atto di render visibile l’invisibile?

O forse le idee smarriscono purezza e autenticità nella trasposizione artistica,

finendo imprigionate nel carcere del tangibile?

Catturare l’essenza, intercettare il piano sottile,

questa è la chiave, il passo fondamentale.

Urgono ardue e delicate acrobazie per scovare la giusta dose di cura.

Un eccesso di zelo ed elaborazione conduce ad artificiose pomposità,

che aggiungono inutili sovrastrutture ai parti curvilinei del pensiero.

Una carenza di cura può d’altro canto condurre a un prodotto superficiale e scevro di significato.

La calibrazione degli ingredienti traspositivi è forse lo strumento utile

acchè  l’arte si tramuti in illuminazione.

La giusta dose identifica il Solvente,

la sostanza da taglio, il Lasciapassare,

la dissestata carrettiera che conduce al Grande Varco,

la via che consenta alla Spezia di sgorgare nella sua Perfetta Configurazione.

Le endorfine, le fucine del benessere,

la primordiale e rovente Sala Macchine.

Il Solvente, l’Ignoto Ingrediente, lo strumento, l’uomo.

Forse l’uomo stesso è il Solvente,

Paul Atreides, il Quizas Aderach,

lo strumento in pelle attraverso cui la Spezia aderisce alla realtà.

Amalgama – Prologo

01 giovedì Nov 2012

Posted by osteriacinematografo in Poesie

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Poesie

Poesie d’Osteria

Tutto ha inizio come fosse un’urgenza.

Un impulso irrefrenabile che non si placa.

Una deformazione congenita che alimenta la tempesta dei sensi.

La concatenazione elettrica delle idee.

L’ineluttabilità ontologica della creazione.

Tracce sparse di concetti in successione casuale.

L’acqua come elemento di riferimento.

L’inganno in embrione di un romanzo che è il pensiero stesso.

L’allestimento teatrale di una procedura non protocollata.

Parole e colori e immagini come ingredienti universali.

Immacolati tessuti bianchi da colmare senza risparmiarsi.

E Mai, e Sempre.

La porpora d’un vecchio sipario si posa sul palcoscenico dell’improvvisazione.

Una sfibrata ragnatela d’argento vibra al vibrare del vento.

E trame a intercettare orditi

fra i risvolti cromatici della produzione artistica.

Il letto di un fiume in piena.

Gli argini che cedono.

La furente e cristallina esondazione acquatica.

Sinuosità d’anse e sensuali natiche.

Il danzante e morbido defluire delle idee.

Sabbie mobili e smottamenti interpretativi ad insidiare il convoglio.

E a ritroso, le mutevoli e candide scorciatoie erosive del ripensamento.

Nella mente,

 pensieri e parole conglobano e fondono,

 fino ad esplodere nel fragore di forme artistiche casuali.

Retrobottega d’Osteria

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