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Poesie d’Osteria

 

Nebbia densa, fittissima.

Nebbia che irride e ingabbia.

L’esosfera vibra e si dibatte,

scossa dal gesto inconsapevole di un bimbo.

Improvvisi e intermittenti  attimi di tetra opalescenza

mostrano i contorni incerti e furtivi dell’innocenza.

Immagini deformate penetrano pupille in iper-dilatazione.

Oblunghe sagome in movimento lento

offuscano la potenza percettiva dei teatranti.

Veli diafani a smorzare ogni respiro visivo.

Slanciate falangi agitano la volta del cristallo etereo

in brevi e perturbanti manovre ellittiche.

Lente smerigliata e fonte di speranza.

Via di fuga e terra di confine.

Allucinazione perversa.

La nebbia si espande,

invade ogni spazio,

penetra ossa e idee.

Nebbia dentro e nebbia fuori.

Un bimbo gioca e l’universo vacilla.

Un nastro rosa sventola e si tende nella brezza

come spiraglio a squarciare orizzontalmente

un cielo cosparso di minuti viaggiatori alati.

Inconsapevoli ballerini sincronizzati.

Ma il cielo non si vede Il cielo non c’è.

Dolci e affusolate appendici collinari si levano

come funghi nel ventre del sottobosco.

E costellano con tratto leggero e fluttuante

la linea immaginaria di una prospettiva senza fondo.

Il nastro si tramuta in occhio ripugnante.

L’occhio osserva L’occhio spia.

Sorge il sole Sorge il bambino.

Né cielo né terra.

La nebbia avvolge ogni cosa.

Tutto intorno regna l’ovattata densità della bruma.

C’è una strada dritta Una strada perduta.

E gli occhi rossi di una fiera d’acciaio a minare il cammino.

Spietati cacciatori d’uomini

attendono al varco i viandanti.

Il rosso s’infuoca in uno sguardo d’incendio ad alta definizione.

Vecchie chevrolet stridono e sbuffano,

zigzagando lungo un tracciato accidentale.

Dentro regna la spensieratezza.

Un verso agghiacciante, aspirato

provoca lo shock del fermo immagine.

La nebbia inghiotte ogni cosa.

Una nera galleria iperbolica procede in direzione opposta

spalancando fauci di drago.

Actarus guida la carovana in sospensione elettromagnetica.

I cosmonauti entrano nella galleria.

Spazio e tempo collassano.

Ma è soltanto un attimo

e la nebbia si dissolve.

E tutto è luce e cielo e sconfinate foreste d’argento.

E il sorriso di un bambino.

Ora la nebbia mostra la sua natura

di candida e ammaliante neve artificiale.

I soldatini di plastica non potevano sapere.

Il bimbo ripone la palla di vetro,

che tentenna e cade su un fianco,

fra balocchi d’ogni epoca e un trenino rosso che va,

in un moto elettrico e circolare

che batte il tempo immacolato dell’infanzia e dell’eternità.