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Soundtrack / Riflessioni d’Osteria
A volte il silenzio è necessario: può rappresentare una scelta saggia, un modo per riflettere o per rispondere a chi non sarebbe in grado -in un dato momento storico- di ascoltare, comprendere, percepire alcunchè.
A volte il silenzio è imposto e assai doloroso, e riflette invece la sopraggiunta incapacità di comunicare in modo sano dell’uomo “moderno”. E il senso stesso del tempo -umido e corrosivo- si diluisce e penetra fra le intricate maglie del silenzio.
A volte il silenzio comprime a tal punto l’arte di esprimersi dell’Aedo che può accedere – e nei fatti è accaduto– che i capillari del viso di un Cantastorie Devitalizzato attacchino a deflagrare uno ad uno, come minuscole cariche esplosive piazzate a caso da un Cinico Dinamitardo senza scrupoli.
“The sound of silence”, magnifico pezzo scritto fra il 1963 e il 1964 da Art Garfunkel e Paul Simon, raffigura il silenzio come un nemico infido e invisibile, come un cancro da debellare, come il triste epilogo di ogni forma di comunicazione.
And in the naked light I saw
ten thousand people maybe more
people talking without speaking
people hearing without listening
people writing songs that voices never share
noone dare, disturb the sound of silence.
“Fools” said I, “you do not know,
silence like a cancer grows,
hear my words that I might teach you
take my arms that I might reach you”
but my words, like silent raindrops fell…
and echoed the will of silence

