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Cap.8 – The end

Venerdì. Scappiamo dalla casa mobile di Santiago do Cacem senza rancore, proseguiamo verso nord infilandoci nella striscia di terra e sabbia che insiste davanti Setubal. Lungo la strada incontriamo paesini anonimi, ma di uno mi colpisce il nome: Deixa o resto, ovvero Lascia il resto, un invito curioso per una cittadina, che mi porta indietro negli anni al primo viaggio negli Stati Uniti, quando io e Francesca incrociammo un paese chiamato Truth or consequences, esattamente fra Las Cruces ed Albuquerque, in New Mexico. Sono nomi che non si dimenticano più, per quanto poi la memoria si fermi lì.

Arriviamo al mare e visitiamo due spiagge: praia da Malha da Costa e praia da Costa da Galè. Qui la sabbia è bianca e finissima, il mare più caldo, le acque caraibiche. Tutto bello, tutto selvaggio, ma mancano le infrastrutture utili a spezzare un po’ la monotonia della spiaggia, per chi, come noi, non riesce a stazionare in spiaggia senza far nulla oltre il minimo indispensabile. Così ci facciamo due passi che diventano duemila per percorrere la striscia di sabbia fino all’estremo settentrione, dove troviamo la più frequentata praia da Troia Galè.

Questo luogo merita una riflessione, perché al di là della mancanza di ogni tipo di servizio, a ridosso di queste splendide spiagge è in corso una cementificazione selvaggia, ma di lusso, tanto da far pensare che nel giro di pochi anni queste spiagge saranno appannaggio di pochi. Già ora l’ingresso è suddiviso fra owners e visitors, un ragazzo segna il numero di quanti entrano ed escono, quasi sia in corso un’indagine statistica utile a rilevare il flusso effettivo di persone in loco. Tutto lascia presumere che la speculazione edilizia in essere produrrà un piccolo paradiso per pochi eletti, perché la zona si presta ed è posizionata in modo strategico.

Mandiamo in frantumi la monotonia di quella bellezza illusoria e apparentemente virtuale, dato che le spiagge sembrano quelle di Valerian, un film/videogame che mi è capitato di vedere coi bambini, e ci mettiamo alla ricerca di un’altra spiaggia o di un bosco o di una possibile via di fuga. A pochi passi dal parcheggio c’è un traghetto già pronto a salpare per Setubal. Venti minuti e siamo di là. Sbrighiamo alcune urgenze e ci fermiamo a pranzo in una trattoria che pare il Boschetto di Diego. Mangiamo in questa allegra baraonda di cui inizialmente non comprendiamo i meccanismi e poi ci dirigiamo verso la nostra ultima tappa, che è un camping di bungalow immersi nel parco naturale di Arrabida. Il posto è perfetto per noi, decidiamo di fermarci lì e goderci la natura, l’ultimo tramonto portoghese e un bel piatto di pasta.

Sabato. 5 del mattino. E’ ora di andare. Restituiamo la macchina, imbarchiamo il bagaglio, stavolta va tutto liscio, a parte le file bibliche cui ci costringe Ryanair sia in fase di imbarco che di ritiro bagagli. Di voli ne abbiamo tanti sulle spalle, ma i due atterraggi di questo viaggio non sono stati dei migliori, forse a causa del vento. Scendiamo a Bologna e ci aspira un caldo soffocante cui non eravamo più abituati. La cappa della grande pianura termina all’altezza di Rimini più o meno. Il cielo si fa limpido e l’aria più fresca. Mentre guido non faccio che pensare alle prossime opzioni di viaggio, a dove puntare il dito sul mappamondo, a cosa sognare nei prossimi mesi per respirare bene e mantenere una prospettiva profonda. Qualche idea credo di averla già

Chiudo con un breve ma significativo resoconto finale, valido per ciascun membro del viaggio, eccezion fatta per poche sporadiche sortite di Irene sulla mia schiena:

km percorsi a piedi in 15 giorni: 113;

km percorsi in bicicletta a Lisbona in una giornata di sole: 34;

km percorsi in automobile sul territorio portoghese in 11 giorni: 2135.