Il 5 maggio 1981 compivo sei anni. Non ricordo nulla del mio compleanno di seienne, ma -certamente- ci furono una torta, sei candeline, la famiglia e gli amichetti dell’epoca a festeggiarmi.
Un altro fatto certo è che quel giorno, il 5 maggio 1981, morì Bobby Sands, dopo uno sciopero della fame di 66 giorni, organizzato per rivendicare il proprio status di prigioniero politico. Non ne sapevo nulla allora, e non ne sapevo nulla fino a pochi giorni fa, quando mi è capitato di vedere il film “Hunger” di Steve McQueen.
Non sapevo che il 5 maggio 1981 fosse stato un giorno tanto importante: l’importanza in questione era per me circoscritta al sesto anniversario della mia nascita, mentre in quello stesso giorno un uomo irlandese di 27 anni terminava il proprio ciclo vitale, dopo aver lottato con ogni mezzo per l’indipendenza del suo Paese.
Come rimane discutibile per certi versi l’operato dell’IRA, è ancor più condannabile l’occupazione britannica in Irlanda del Nord, ma in questa sede non voglio occuparmi di politica internazionale, o non soltanto di ciò. A me interessano le persone, le idee che le animano o le hanno animate.
Bobby Sands era un tizio interessante, che difese strenuamente la propria posizione e quella dei suoi “commilitoni”, fino a rimetterci la vita. L’annuncio della sua morte scatenò una vera e propria rivolta nelle zone nazionaliste dell’Irlanda del Nord. Più di centomila persone presenziarono al suo funerale, il cui corteo si snodò dalla sua casa di Belfast fino al cimitero di Milltown. Viene ricordato ancora oggi in varie parti del mondo per il coraggio del suo gesto, per la ferrea determinazione che lo condusse alla morte nella totale indifferenza del governo inglese.
Negli anni della detenzione, produsse tre opere letterarie: “One day in my life”, “Skylark sing your lonely song”, “The diary of Bobby Sands”, dimostrando notevoli doti di scrittore e poeta.
Ecco qui di seguito due frasi che lo resero celebre, e che mantengono immutata, ancora oggi, la loro eccezionale potenza persuasiva:
“Io difendo il diritto divino della nazione irlandese all’indipendenza sovrana, e credo in essa, così come credo nel diritto di ogni uomo e donna irlandese a difendere questo diritto con la rivoluzione armata”;
“Non c’è nulla nell’intero arsenale militare inglese che riesca ad annientare la resistenza di un prigioniero politico repubblicano che non vuole cedere; non possono e non potranno mai uccidere il nostro spirito”.
Questa storia mi ha colpito profondamente, costringendomi a riflettere, neanche fossi uno specchio narrante. Fino a trent’anni fa c’era gente che moriva d’inedia, in carcere, in seguito a uno sciopero della fame ignorato dalle autorità. E così pensi: per fortuna i tempi son cambiati, certe cose hanno smesso di accadere.
Neanche per scherzo.
20 gennaio 2012. L’Avana, Cuba. Il dissidente Wilmar Villar, 31 anni, arrestato il 14 novembre 2011 per aver partecipato a una marcia di protesta a Cuba, è morto in seguito a uno sciopero della fame che lo stesso aveva iniziato nel carcere di Santiago de Cuba.
8 maggio 2012. Bangkok, Thailandia. Ampon Tangnoppakul, un uomo thailandese di 62 anni, arrestato il 20 novembre 2011 per lesa maestà, è stato trovato morto nella sua cella del carcere di Baghdad, in seguito a uno sciopero della fame. L’uomo, già debilitato da un tumore, era stato arrestato con l’accusa di aver inviato, nel maggio 2010, quattro sms al telefono del segretario privato dal premier dell’epoca, Abhisit Vejjajiva. In Thailandia sono centinaia i processi in corso per lesa maestà, con imputazioni analoghe a quella appena menzionata.
9 maggio 2012. Kiev, Ucraina. Yulia Tymoshenko ha interrotto lo sciopero della fame intrapreso 21 giorni fa in carcere. La Tymoshenko, condannata lo scorso ottobre a sette anni di carcere per abuso d’ufficio, aveva iniziato lo sciopero della fame il 22 aprile dopo aver denunciato maltrattamenti da parte delle guardie carcerarie che tentavano il trasferimento in ospedale contro la sua volontà. Ci vorranno due mesi per tentare di ristabilire le condizioni di salute del leader dell’opposizione ucraina, che probabilmente è finita in carcere per le sue scelte liberiste e per le sue politiche di europeiste.
Penso sia abbastanza naturale scorgere la disperazione in gesti simili, in tentativi a tal punto estremi da mettere in gioco la vita stessa, la vita di chi quei gesti li compie. Penso che l’uomo e i suoi sistemi non finiranno mai di stupirmi. Penso che l’informazione globalizzata ci consente di osservare i recessi più nascosti e scandalosi degli agglomerati che ci ostiniamo a chiamare società. Un luogo in cui un essere umano osserva un altro essere umano morire senza fare nulla è ben più pericoloso di una giungla, di una savana, di un deserto, di una vetta estrema. Le leggi non scritte della natura conducono alla morte per proseguire il ciclo brutale della vita, mentre l’uomo uccide per diletto, e muore nell’indifferenza armata dei propri simili.




