Nemici immaginari – Dall’Iraq a Buzzati e ritorno

Nel 2007 -all’epoca della realizzazione di “Redacted”- si stimava che nell’arco di un biennio circa 2400 iracheni avessero perso la vita nei check point americani, spesso a causa di indicazioni incomprensibili e della scarsa alfabetizzazione della popolazione. Di questi 2400, soltanto 60 sono poi stati identificati ufficialmente come ribelli. Il 97,5% di questi uomini, donne, bambini vennero pertanto ammazzati senza motivo. Sono un fanatico delle parole, e mi preme sottolineare -per ragioni squisitamente linguistiche- che la parola appropriata al caso di specie sia “assassinio”. Un totale di 2340 assassinii non puniti, ad esser precisi, in un contesto che rappresenta un’inezia rispetto ai dati complessivi dello sterminio.

Mucchi di militari affaticati dal peso delle moderne armature e di temperature soffocanti affrontarono un “nemico” che non aveva un volto, un’identità, un sesso o un’età. E migliaia di civili hanno così patito (e patiscono tuttora) le conseguenze delle tensioni accumulate da soldati stanziati nel nulla a combattere un popolo su cui ricaddero colpe di altri. Gli Iracheni hanno patito un olocausto in miniatura, sono stati ghettizzati nella loro stessa terra da procedure che ne limitavano i movimenti e la quotidianità, dietro lo spettro di una rinnovata democrazia; le loro vite e incolumità vennero palesemente sottostimate in funzione di una guerra priva di senso.

Chissà cosa accadrebbe se una situazione simile si verificasse nel nostro Paese, se venissimo militarizzati a causa delle presunte responsabilità di alcuni nostri connazionali, se venissimo uccisi a migliaia nell’indifferenza generale, senza una colpa specifica in cui affondare la disperazione?
Me lo chiedo spesso, ma forse un’ipotesi più realistica, in riferimento all’attuale sfacelo socio-economico, ci riserverebbe vessazioni di altro genere, caratterizzate dall’estorsione economica di alcuni Paesi più o meno emergenti che potrebbero acquistarci in saldo (se non l’hanno già fatto) e renderci coloni della neo formata ItalCina, ad esempio.

Terminata la divagazione nazional-popolare, riprendo il tema della guerra.

“Redacted” mi ha riportato con la memoria a Buzzati, al suo deserto di nemici immaginari denominati esoticamente “Tartari”, a quel Drogo che attende per tutta la vita la possibilità di una battaglia che si presenta soltanto quando è troppo tardi per lui, a quella fortezza meccanica, a quella prigione della mente, posta a guardia di uno spazio vuoto e sconfinato che pare l’ignoto, lo spazio profondo, e tutto quanto non sia umanamente comprensibile.

La vita della Fortezza Bastiani, così ripetitiva, noiosa e logorante, le procedure militari replicate all’infinito e rigorosamente applicate -pur in assenza di ragioni che ne rappresentassero il fondamento- mi hanno ricondotto in modo fluido alla tiritera quotidiana dei marines americani, oberati anch’essi da prassi farraginose ed estenuanti, da una sistematicità operativa che metterebbe in crisi il più degno degli uomini.

E quel nemico senza connotazioni, quell’antagonista invisibile –che in realtà risiede negli intimi e profondi regni dell’immaginazione umana– caratterizza fedelmente le proiezioni di sè contro cui combattono i soldati a Samarra e nella Fortezza Bastiani, o in qualsiasi altro luogo in cui l’uomo desideri inconsciamente posizionare un avversario da abbattere.

Quest’uomo così moderno ed evoluto, e così istintivamente legato al vile piacere della guerra.

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