A history of violence

Tranquilla cittadina di provincia americana.

Dove tutti conoscono tutti e le colazioni nelle tavole calde non finiscono mai.

Cronenberg s’insinua strisciando nella vita di una famiglia qualsiasi, scopre il nervo d’un passato che inizia a ticchettare come il senso strano e disarmonico di una stonatura.

Tom Stall subisce l’aggressione di due malviventi, nel difendersi reagisce, cede il passo all’istinto, li uccide entrambi, fino a divenire eroe cittadino; il suo viso è ovunque, il suo passato d’ombra e delinquenza lo riconosce e lo va a cercare.

Tom Stall in quanto tale non può far nulla, che sia difendere se stesso o la sua famiglia o soltanto la sua reputazione. E si tramuta gradualmente in Joy Cusack,  quel Joy che riaffiorerà gradualmente fino ad esplodere in ogni direzione. In questo passaggio di consegne fra maschere emerge forse più chiaramente il legame fra il film e il fumetto da cui l’effetto scaturisce, così come nella vendetta totale che si sviluppa in seguito.

La maschera, l’identità che oscilla, le certezze di una famiglia che traballano fino a sgretolarsi, tutto si muove, tutto è teso in un film che s’infila infido sotto la superficie come un sommergibile nemico (quale che sia il nemico).

La violenza genera violenza e diviene incontenibile, il sangue scorre fuori e scorre dentro, come il fiume in piena di “Shining”, il passato di Tom è più presente che mai e si diffonde tutto intorno, come un virus senza cura, che ha come antidoto se stesso e la propria estenuante propagazione.

Indimenticabili prove di Ed Harris e William Hurt.

 Le ferite non si rimarginano mai del tutto, le scelte passate non terminano mai di produrre effetti, e può anche accadere che un giorno, d’improvviso, capiti dalle vostre parti Mr. Good Eye a reclamare il Fratello Orbo (che chiameremo Willy). Occorrerà pertanto essere il meno affettati possibile, per l’occasione.

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