La tana del Bianconiglio

“Le idee sono simili a pesci.
Se vuoi prendere un pesce piccolo, puoi restare nell’acqua bassa.
Se invece vuoi prendere il pesce grosso, devi scendere in acque profonde.
Laggiù i pesci sono più forti, più puri. Sono enormi e astratti. Davvero stupendi.
Io cerco un tipo di pesce che per me sia importante, che si possa trasporre in un film.
In quelle profondità nuotano però pesci di ogni specie.
E tutto, ogni singola cosa esistente proviene dal livello più profondo.
La fisica moderna lo chiama “campo unificato”.
Più la tua coscienza -la consapevolezza- è dilatata, più scendi in profondità verso questa sorgente e più grosso è il pesce che puoi pescare.”

Questo brano è l’incipit di “Acque profonde”, di David Lynch.

“Eyes wild shut”, come ogni film di Kubrick e di pochi altri artisti, è una ricerca difficile, angusta, eseguita con mezzi di fortuna in territori inesplorati.

In assenza di luce, sul fondo scuro e limaccioso, nelle profondità della coscienza, vivono esseri misteriosi che rappresentano la metà oscura della medaglia esistenziale.
Ci vogliono abilità e coraggio per gettare l’amo da quelle parti, perchè non sai mai cosa puoi pescare.

E così, caro lettore, giro a te il quesito.
E’ bene gettare una piccola lenza,
accontentarsi di una pesca superficiale,
che è tanto rassicurante quanto banale,
o è meglio addentrarsi In acque profonde,
per scoprire “quant’è profonda la tana del Bianconiglio”?

Pillola blu o pillola rossa?

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