Compenetrante Simbiosi Nordica

Il Precipizio

Ho visto un film di recente, “Il grande nord” del regista e avventurista francese Nicolas Vanier.

E’ una sorta di documentario, una forma ibrida di cinema, a metà fra fiction e realtà. L’opera narra la storia vera di Norman Winther e della sua compagna Nebaska, un’indiana Nahanni: la coppia vive nello Yukon, una terra immersa nella natura selvaggia al confine fra Canada e Alaska. Norman è uno degli ultimi cacciatori in senso proprio, e interpreta se stesso, mostrando le meraviglie e le asprezze di una vita che sembra fuori dal tempo. E’ affascinante ed educativo  osservare due esseri umani in un contesto simile: il fuoco, la legna, il gelo, una capanna, due cavalli, una muta di cani, le continue perlustrazioni del territorio, la pace di lande lontanissime e incontaminate.

Il protagonista racconta se stesso, e nel descrivere il suo rapporto con l’ambiente utilizza un termine, un verbo, “compenetrarsi”, che mi ha colpito interiormente, attecchendo nelle profondità del mio essere d’osteria, fino a tambureggiare suoni primitivi che riecheggiano e mordono l’approccio inconscio delle mie riflessioni d’alba: si è rivelato come un verbo nuovo, rivoluzionario, tanto è antico e radicato nella memoria  collettiva dell’uomo inteso finalmente come specie animale.

Compenetrarsi, amalgamarsi alla Natura fino a divenirne parte irriconoscibile, immedesimarsi in Essa, affondare nella Natura mentre Lei affonda in noi, fondersi con gli Elementi Naturali, abbandonarsi al potere vero, reale, spietato della Natura, immergersi in Essa, affidarsi a un libero e irreversibile scambio di particelle, pervadere, permeare gli Strati Naturali fino a perdersi nel groviglio di maglie fittissime, di forme screziate e senza fine, in un legame che divenga imprescindibile, che si nutra di una reciprocità sana e leale, fino a intuire l’abisso, a divenire complici, al punto da tornare a carezzare il grembo di una Natura che abbiamo smarrito. Questo sì mi piacerebbe davvero.

Norman è l’uomo primitivo, il cacciatore, l’anello indispensabile al “sistema” Natura, la parte necessaria, l’elemento in grado di mantenere l’equilibrio fra le altre specie, purchè mantenga il suo ruolo, purchè prenda soltanto ciò di cui necessita. Egli vive nella Natura, dove bene e male non esistono, dove l’unica regola possibile è codificata nell’intima essenza delle creature che la compongono, e che si comportano secondo ciò che l’istinto detta, che fanno ciò per cui sono nate e che debbono fare per sopravvivere. “L’importante per me non è cacciare, ma essere là in mezzo” –dice l’uomo a un altro cacciatore, per spiegare l’amore per quella vita così distante dagli odierni stereotipi.  Norman sente la Natura, la conosce e rispetta, ne trae gioie e dolori, e ogni giorno l’affronta con grande fatica, cavandosela con la forza sua e dei suoi cani. L’uomo si affida alla sua muta di cani, si fida di loro come loro si fidano di lui, e grazie a questa intensità il gruppo sopravvive.

Ogni suo giorno è un nuovo giorno, un’emozione diversa, un brivido che corre e non si ferma, e quell’uomo, così piccolo nelle sterminate distese bianche del grande nord, è l’uomo com’era e come dovrebbe essere ancora, e mi fa riflettere su cosa siamo adesso, sul motivo per cui abbiamo smarrito i risvolti più puri dell’essere, sul perché abbiamo scelto di uscire dalla Natura, di non curarci di Lei, di scarificarla in nome di un progresso che ancora una volta non si dimostra tale: si smarrisce il senso stesso dell’evoluzione , dato che l’uomo, come animale “superiore”,  potrebbe e dovrebbe essere in grado di tutelare il sistema in cui vive, di intervenire su di esso, all’occorrenza, in modo sapiente ed oculato; forse sarebbe dovuto essere proprio questo il ruolo dell’uomo in senso evoluzionistico, un ruolo di controllo in senso lato e razionale della Natura, per quanto poi la Natura sfugga a qualsiasi controllo in molte sue estrinsecazioni.  Forse l’uomo è progredito per proteggere il pianeta e la vita stessa, e forse, sempre forse, quella umana è un’evoluzione sprecata.

In una scena de “Il grande nord”, Norman è in paese per vendere le sue pellicce, e un uomo gli chiede cosa dovrebbe fare se non lo vedesse più tornare. Il Cacciatore risponde: “Se non torno non venite a cercarmi. Potrei essere morto, e la morte fa parte della vita. Se muore un animale, ne vivono altri cinque. E io sono un animale”.

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