Fuori.
Braccato, inseguito.
Sottobraccio e a tracolla,
vecchie valigie sgangherate.
E uno spago sfibrato a correre tutto intorno,
ad assicurare il carico e a consumare il sottile strato di pelle di palpebra,
come il forcipe di luce che appena nato mi accecò, tramutandomi in Willy l’Orbo.
Schizzi Sgorbi Versi Frizzi e Lazzi
Una nota presa da ragazzino
Un’ampolla d’Inchiostro Blu
Le balle di Bloom
Kyashan, il mio alter ego androide
Le porte della percezione
La sposa cadavere
Il Santo Graal
Il fascicolo contenente la lettera i
L’ascensore aereo di Willy Wonka
Un tamburo di latta rossa
La pillola rossa, e quella blu.
Il 33 giri col sorriso amaro e dissolto di Jim
Un b-movie di Ed Wood
La paura di far paura a qualcuno, nelle notti complici e profonde
Un mangianastri color arancio
Una bottiglia di gazzosa GB
La sensazione che tutto vada bene
E alcune vecchie pellicole di famiglia, protette dalla coltre spessa e ingiallita del tempo.
Metto in Scena la mia fuga.
Io che rappresento uno sparuto drappello d’idee,
grazie a una strampalata ed arcana procura speciale.
Un Gilliamiano con tendenze al Burtonismo in pieno deserto rosso.
Scappo dall’anticamera di una lavanderia verde pisello che mi apparve in sogno.
E’ solo un sogno, è soltanto un sogno.
Una pioggia di piombo a cancellare l’orizzonte.
La Cinica e Plumbea Milizia Manniana in Pelle Nera e Calzari Ammortizzanti.
Un’orda assetata di sangue e fantasticherie,
collettivamente memore dell’antica disputa animata.
Mentre il mondo si disfa, sgretolandosi,
il Grande Nero avanza e prende campo,
e tutto cade in pezzi, e i brandelli trascendono il reale,
in una viscosa fuga onirica oltre lo specchio.
E come in un sogno provo a scappare,
ma non ci riesco, e ogni intenzione di movimento mi si ritorce contro,
come un boomerang che plasma e manipola la mia volontà,
la quale si volta e rivolta, e nuda a quattrocchi m’osserva,
in un gesto estremo di ribellione autogestita.
Al centro
L’Uomo Nero,
il minatore motorizzato, l’ostinato ustionato,
procede con passo indomito all’ombra di uno scorpione meccanico.
La sua pelle brucia, muta e sanguina,
è il Barone Arkonnen ora, sospeso a mezz’aria,
e mi afferra inesorabile, con una sola mano.
Mi toglie nerbo,
maneggiandomi quasi fossi senz’ossa,
sfilandomi le vertebre una ad una.
Rapito.
E subito odore di carni riarse,
e poi di umidità rattesca e stantia.
E il lezzo rancido di uno scantinato ubicato in Fleed Street.
Spietati Umpa Lumpa m’inchiodano a una sedia da barbiere che pare la stronza oltre il miglio.
E’ il seggiolone dell’OdontoMatto,
un mostro che estrae e divora coscienze,
utilizzando un AspiraDenti modificato.
Prospettiva.
Movimenti bruschi da catena di montaggio.
Dal davanzale delle speranze perdute intravedo un mondo immacolato.
Forse un personaggio interrotto, una crisi di creatività,
un foglio bianco, una storia tutta da scrivere,
o un semplice coagulo narrativo.
L’arte dello scriptorium.
Strano comitato.
Il Barone Arkonnen e quello di Munchausen, Elsa Fornero,
l’Odontomatto, Milva, le sorelle Bandiera e Gian Burrasca.
Inizia l’interrogatorio.
Attaccano:
“Razza di SubUmano, Sottospecie Non Allineata,
Succo di Scarafaggio, Spremuta di Blatte,
cosa o chi si cela dietro le Dodici Scimmie?”
“Ma io…” – tento di dire.
“Non è più tempo di vedere il bimbo che è in lei morire e morire,
nella circolarità degli eventi aeroportuali.
Confessi! Per chi lavora? Per il ministero dell’informazione? Per Moloch?”
“Moloch?” –rispondo- Voi siete Moloch! Io non lavoro per nessuno!”
“L’abbiamo perquisita. Perché ha rubato il fascicolo contenente la lettera i?
Perché? Perché?”
Ed io:
“Burroughs mi ha detto che quel fascicolo chiacchierava troppo,
e i faldoni limitrofi erano costretti ad andarsene,
e così, per evitare guai peggiori, l’ho portato via con me.
Certo, effettivamente non ho nulla da dirgli, e perciò..tenetevelo pure, è vostro.”
“Bene, la sua collaborazione verrà ricompensata. –ribattono-
Passiamo alle cose serie.
Dove ha nascosto il gigante, la tenda lisa del circo dei pazzi,
la strega dell’est, il pesce smisurato, le miserabili storie,
le teste di Barbie di Jeliza-Rose, le forbici di Edward,
la valigetta lisergica su sfondo rosso e le Allucinazioni Del Toro,
l’insetto molesto che trasformò Tuttle in Buttle,
la bara di Barnabas, l’ira del diavolo,
i cappelli del cappellaio matto, il carrozzone di Parnassus,
i sosia improvvisati di Ledger, la tana del Bianconiglio?
E Quanto -ci dica- Quanto è Profonda la Tana del Bianconiglio?”
Happy End?
L’OdontoMatto,
in reazione al mio silenzio,
si sfila via il sorriso impresso sulla maschera antigas.
Sotto, indossa un sadico e granitico ghigno, nuovo di zecca.
Mi da una pacca sulla spalla e mi rassicura:
“Calmati ragazzo, è tutto uno scherzo”
E prima di allontanarsi per sempre,
si riavvicina, sussurrandomi all’orecchio:
“Bye bye Black Bird.
Se volti le spalle a me, volti le spalle all’America.”
Solo allora il Barone azionò gli elettrodi,
e una scarica funesta mi attraversò il cranio, fino a radermi al suolo.
Bomba acca, e il presente divenne passato.
Poi non ricordo più nulla.
Ora tutto è soltanto un sogno.
Soltanto un sogno.
Braziiiil
Lallàllallàllallà
Lallàllallàllallààà
Braziiiil Braaaaziiiiiiil


