Atto I

C’era una volta un uomo di nome Adam. Egli trascorreva giornate serene e tranquille, una dietro l’altra.  Il luogo in cui dimorava era straordinariamente sfarzoso, come soltanto la natura incontaminata sa essere.

Adam non aveva bisogno di nulla, tanto meno di un abito. La pace regnava incontrastata, la terra era fertile, le risorse inesauribili. Ogni dettaglio era perfetto e rifinito coi migliori materiali in commercio, tanto che Adam si persuase sovente di vivere nello show di Truman.

The Truman show

Ma non era affatto lo show di Truman, anche perché Adam non sapeva nulla di Truman Burbank, nè tanto meno del Conte Olaf o di Violet, Klaus e Sunny Baudelaire, del Professor Dottor Guido Tersilli o della Banda Fratello, dei Magnifici Sette o di Tekkaman, di Dersu Uzala o di Barnabas Collins, dei fratelli Lumière, di Georges Meliès, del cinema e delle sue future e strabilianti magie; quella era l’alba dei tempi, un’alba immacolata e priva di turbamenti o distrazioni di sorta. 

Adam coglieva frutti lungo una sterminata distesa d’alberi e colori, senza la fretta e l’ansia che caratterizzano la vita moderna. Un giorno, una voce stereofonica ed avvolgente tuonò, squarciando un cielo che pareva dipinto: “Non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male!”

Adam iniziò subito a pensare alle forme del bene e del male, a cosa significasse quel binomio concettuale tanto arcano da evocare in lui l’equilibrio di tutto l’universo conosciuto.

Il protagonista di tale vicenda in lettere riflesse poi sulla conoscenza e su quanto ci fosse da sapere più di quel che già non sapesse; pensò infine di scovare la fonte di quella voce stentorea e persuasiva, che pareva provenire da tutte le direzioni e da nessuna di esse.

Ma l’uomo, si sa, per natura non è poi così curioso, e fu sufficiente che Adam si distraesse un attimo, seguendo il volo aggraziato di una farfalla, per dimenticare tutto, non prima di aver recepito a livello inconscio e subliminale il misterioso monito.

truman-show

Adam riprese così a vivere la sua vita perfetta, una vita priva d’errori e tentennamenti, una vita scevra della possibilità di sbagliare e di quel tratto d’inconfondibile contraddittorietà che caratterizza in modo decisivo la natura umana. Quella vita spoglia d’interferenze ed emozioni divenne ben presto talmente perfetta da essere fin troppo perfetta, da risultare insopportabile, finchè la noia prese il sopravvento, tramutandosi nello spettro d’un cupo e gravoso tedio.

Adam non aveva uno scopo definito, non aveva progetti e men che meno un’agenda, e la solitudine prese a logorarlo, costringendolo all’inerzia dei sensi.

Chi di dovere iniziò a preoccuparsi.

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