Senza Nome non se ne rese conto, quasi fosse ipnotizzata, ma, dopo essersi congedata da Morpheus, non riuscì più a contenere il suo desiderio di sapere, e, in un momento di presunta intimità, scivolò fra le fronde cadenti dell’albero del peccato, quasi fossero i sottili elementi connettivi di confine fra il Noto e l’Ignoto; colse un frutto proibito, lo rimirò per alcuni istanti, e lo mangiò. Il frutto le parve subito gustoso e ricco di sapore. Così intuì che forse il divieto di mangiarne fosse stabilito perché qualcuno o qualcosa (una holding americana con ogni probabilità) mirava a sfruttare in esclusiva quella pianta così rara e preziosa.
Senza Nome -nell’istintivo bisogno di condividere la furtiva esperienza (“condividere l’esperienza o la colpa?” – pensò fra sè la femmina)- corse subito in cerca di Adam (l’unico interlocutore disponibile), che –per rimanere fedele alla propria indole- poltriva all’ombra di un albero dalla chioma prorompente.
Gli disse con entusiasmo: “Adam, oggi, oltre il Bosco dei Cattivi Pensieri, ho incontrato il Re Lucertola, una creatura ibrida, per metà uomo e per metà serpente, per metà elettrico e per metà a scoppio. Indossava una uniforme rossa con una V stampata sul petto, aveva un portamento elegante e flessuoso, e dei modi affettati, che appartengono a un tempo che non ci è dato concepire. Morpheus o Kaa, che dir si voglia, ha iniziato a rivolgersi a me con tono fermo e suadente, e prima che mi rendessi conto del suo incalzante magnetismo, ci siamo ritrovati a parlare dell’albero del bene e del male: a quel punto mi ha consigliato di assaggiarne i frutti, ed io non mi sono sottratta, scoprendo con gioia che sono innocui e prelibati, nonostante i miei dubbi iniziali. Solo allora, dopo aver assaporato tanta delizia, ho capito! Quell’albero è unico, e i suoi frutti assai rari. Ecco perché è vietato mangiarne. Guarda, ne ho preso uno anche per te, devi assolutamente assaggiarlo, non te ne pentirai, fidati di me!”
Adam rimase spiazzato, sconcertato da tale rivelazione e dal forzato risveglio; strabuzzando gli occhi, disse alla compagna: “Ma ci avevano proibito di mangiarle quei frutti! C’è una sola regola da seguire, arrivi tu e ci passi sopra nello spazio minuto di un batter di ciglia? Potrei chiudere un occhio se fossimo in quel Paese chiamato Italia, ma cribbio, l’Italia non è stata ancora inventata!”
Ma Senza Nome insistette, come solo le donne sanno insistere, e dopo una serie di giocose moine convinse Adam ad addentare il frutto. I due iniziarono così a conversare lungo le infinite spirali del Non Detto, e passarono a sproloquiare, senza più comprendere il significato delle loro parole, perchè era un significato nuovo di zecca, sconosciuto, e risero di gusto, in un modo che definirono “eccessivo” in regia, finchè crollarono a terra addormentati.
I due sognarono a lungo lo stesso sogno al cloro, in cui la realtà mutava pelle come un serpente: l’uomo e la donna erano bimbi in assenza di gravità, intenti a scartare una nuova vita che risucchiava per gradi la vecchia nel pozzo dei desideri interrotti; nel sogno le fantasie irrealizzate si traducevano in energia vitale e innovatrice; dalla cavità di passaggio apparve un Nero Poeta Visionario in videoconferenza onirica, il quale proferì il seguente verbo:
“Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe agli uomini come realmente è: infinita. Non dovete mai dimenticare che il tesoro del paradiso non è la negazione della passione, ma la realtà dell’intelletto, da cui tutte le passioni fuoriescono libere nella loro eterna gloria.”

