Il nostro comune amico

“La sua argenteria si faceva notare perchè mostruosamente massiccia. Ogni
oggetto doveva apparire il più pesante possibile e occupare il maggior spazio
possibile. “Eccomi qui in tutta la mia bruttezza, grosso come se fossi di
piombo; ma invece sono tante once di metallo prezioso, che tanto vale
all’oncia; non avreste voglia di farmi fondere?” Un enorme centro tavola, con
le gambe larghe e coperte da bitorzoli, come se, anzichè decorato, fosse
afflitto da un’eruzione, pronunciava questo discorso dalla cima di un orribile
piedistallo d’argento. Quattro secchielli d’argento per tenere in fresco il
vino, provvisti ognuno di quattro facce stralunate, ciascuna delle quali recava
vistosamente appeso alle orecchie un grosso anello, trasmettevano il discorso
attraverso tutta la tavola, fino alle saliere panciute, naturalmente d’argento.
Anche i grossi cucchiai e forchette d’argento facevano allargare la bocca ai
commensali apposta per cacciar loro in gola, insieme a ogni boccone, le
medesime espressioni.”

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