La luna e sei soldi

Quando una persona dice di non curarsi di quello che pensano gli altri, il più delle volte si illude. Generalmente intende dire soltanto che suole fare come le aggrada, confidando che nessuno verrà a conoscere le sue stravaganze; o, tutt’al più, che è disposta ad agire in contrasto con l’opinione della maggioranza perché è sorretta dall’approvazione di chi la pensa come lei.  Non è difficile essere anticonformisti agli occhi del mondo quando il tuo anticonformismo non è che il conformismo della tua cerchia. E te ne viene una dose smodata di stima per te stesso. Hai il compiacimento del coraggio senza l’incomodo del pericolo. Ma il desiderio di approvazione è forse l’istinto più radicato nell’uomo civile.

Non credo a chi mi dice di infischiarsi dell’opinione dei suoi simili. E’ la boria dell’ignoranza. Costoro in realtà vogliono dire soltanto che non temono rimproveri per peccatucci di cui sono convinti che nessuno saprà nulla.

Ma qui c’era un uomo sinceramente incurante di ciò che pensava la gente, e quindi su di lui le convenzioni non avevano presa; era come un lottatore col corpo unto d’olio, non riuscivi ad afferrarlo; e ciò gli dava una libertà oltraggiosa. Ricordo di avergli detto:

“Senta, se tutti si comportassero come lei il mondo non potrebbe andare avanti”.

“Che assurdità. Mica tutti vogliono comportarsi come me. La maggioranza è contentissima di fare le solite cose”.

E una volta la buttai sul canzonatorio:

“ Lei evidentemente non crede alla massima: agisci in modo che ogni tua azione possa valere come norma universale”.

“Non l’ho mai sentita, ma è una gran baggianata”.

“Bè, l’ha detto Kant”.

“Non m’importa, è una baggianata lo stesso”.

Non ci poteva certo aspettare che in un uomo simile il richiamo della coscienza avesse efficacia. Era come volere un’immagine riflessa senza lo specchio. La coscienza, direi, è nell’individuo la custode delle regole sviluppate dalla comunità per la propria conservazione. E’ nel cuore di tutti noi, il poliziotto messo lì a vigilare che non infrangiamo le leggi comunitarie. E’ la spia insediata nella roccaforte centrale dell’io. Il desiderio dell’uomo di essere approvato dai suoi simili è tanto forte, tanto violento il suo timore della loro censura, che egli stesso ha introdotto nelle mura il proprio nemico; e questi lo tiene d’occhio, sempre attento, nell’interesse del padrone, a reprimere ogni velleità di staccarsi dal gregge. Lo costringe ad anteporre il bene della società al proprio. E’ il vincolo fortissimo che lega l’individuo al tutto. E l’uomo, ligio a interessi che si è persuaso essere maggiori dei propri, si rende schiavo del suo aguzzino. Lo colloca su un trono. Infine, come un cortigiano scodinzolante sotto il bastone sovrano che gli cala sulla spalla, si inorgoglisce della sensibilità della propria coscienza. Allora non ha paura abbastanza dure per l’individuo che di questa non riconosce il dominio; da buon membro della società, si rende conto infatti che contro un  tale individuo.

Vedendo che Strickland era davvero sordo al biasimo che la sua condotta era destinata a suscitare, non potevo che ritrarmi inorridito, come da un mostro in sembianze a malapena umane.

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