Tag
I stand at your gate and the song that I sing is of moonlight.
I stand and I wait for the touch of your hand in the June night.
The roses are sighing a moonlight serenade.
Musica di Glenn Miller. Parole di Mitchell Parish.
Posted in Glenn Miller, musica, Poesie
Tag
I stand at your gate and the song that I sing is of moonlight.
I stand and I wait for the touch of your hand in the June night.
The roses are sighing a moonlight serenade.
Musica di Glenn Miller. Parole di Mitchell Parish.
Posted in film, immagini, musica, Sidney Bechet, Storie, Woody Allen
RadiOsteria consiglia “Si tu vois ma mère”, pezzo composto dal jazzista americano Sidney Bechet negli anni trascorsi in Francia.
Bechet, nato nel 1897 a New Orleans, rivelò fin dall’infanzia un talento naturale per la musica; maestro nell’improvvisazione, non imparò mai a leggere la musica per sua scelta. Esordì come clarinettista e vi si dedicò fino al 1919, anno in cui notò un sax soprano in una vetrina londinese. Divenne un eccelso sassofonista e suonò coi più grandi musicisti dell’epoca in ogni angolo del mondo. Nel 1949 si trasferì in Francia, dove morì dieci anni dopo.
Nel 2011, Woody Allen -regista ma anche compositore e grande conoscitore di musica jazz- ha inserito “Si tu vois ma mère” nella colonna sonora di “Midnight in Paris”, film in cui si rimescolano sogni, costumi e personaggi di epoche diverse in quell’affresco dei sensi che Parigi raffigura. Il presente e gli anni 20 calzano entrambi a pennello a una città che sa ammaliare e confondere persino sua maestà il tempo.
Il brano di Sidney Bechet apre il film di Woody Allen, accompagnando con garbo trasognato il carosello di immagini che introduce “Midnight in Paris”. E quel senso di inadeguatezza al proprio tempo, tipico peraltro dei frequentatori d’Osteria, vola via leggero e perde consistenza, tra un bicchiere e l’altro.
Buona visione, e buon ascolto.
Posted in Andy Kaufman, film, musica, R.E.M.
Tag
Michael Stipe dedicò “Man on the moon” a Kaufman nel 1992, combinando la stima che nutriva verso un artista rivoluzionario e l’annosa polemica sulla teoria del complotto lunare (“Great moon hoax”); Stipe aveva visto in Kaufman un uomo capace di svelare senza paura i trucchi e gli assi nella manica dei “maghi” che dominano i media e l’informazione, e scrisse per lui un brano memorabile, degno di un uomo che ha lasciato il suo segno particolare sulla tabula rasa che scaturisce dall’omologazione.
C
Now, Andy did you hear about this one
Tell me, are you locked in the punch?
Andy are you goofing on Elvis? Hey, baby
Are we losing touch
If you believed they put a man on the moon, man on the moon
If you believe there’s nothing up his sleeve, then nothing is cool
04 mercoledì Nov 2015
Posted in Duke Ellington, Florence Mills, immagini, musica, Pensieri, Storie
Soundtrack / Cronache e Storie d’Osteria
Nel 1928 Duke Ellington (1899-1974), uno dei maggiori compositori jazz della storia, dedicò “Black beauty” a Florence Mills, artista scomparsa un anno prima a soli 32 anni.
Immagino senza fatica il suono cupo di questo magnifico pezzo blues uscire dagli apparecchi radiofonici dell’epoca, immagino Ellington e la sua band suonarlo ad Harlem, in locali densi di fumo, storie e odori del passato.
Una poesia in musica -“Black beauty”- un omaggio alla memoria di una grande artista: la Mills, attrice, ballerina e cantante di fama internazionale, nota come “The queen of happiness” per la verve che la caratterizzava sul palcoscenico, avrebbe accennato un sorriso e spalancato gli occhi se avesse ascoltato la nobile dedica di un jazzista del calibro di Duke Ellington.
Ma quella musica c’è, esiste, come filo conduttore, come forma di comunicazione che trascende la sfera delle possibilità conosciute. Forse Duke e Florence se la suonano e se la ballano, in un mondo soltanto sognato, in un recesso remoto della memoria condivisa degli uomini che furono, sono, saranno. Pensarlo lo rende vero, in un certo senso.
25 sabato Mag 2013
Posted in Poesie
Tag
“Yesterday, upon the stair,
I met a man who wasn’t there
He wasn’t there again today
I wish, I wish he’d go away.”
I versi di Hughes Mearns ispirano palesemente Bowie, che plasmò l’incipit del brano sulla falsariga formale e concettuale creata dal poeta inglese. Nel pezzo domina il tema di un sdoppiamento probabilmente impercorribile. L’uomo osserva se stesso in un’atmosfera surreale, il Dionisiaco si stupisce nel ritrovare in vita l’Apollineo, poichè viveva nella falsa illusione di essersene liberato.
Ma gli istinti primordiali vengono irrimediabilmente ingabbiati dalle convenzioni sociali che l’uomo stesso costruisce ad hoc, in un gioco perverso ed autolesionista. L’inganno apollineo finisce così per imbrigliare il caos e l’istinto dionisiaci, e la natura umana tende in modo inevitabile a costruire una struttura di difesa all’apparente non-senso “naturale” della vita.
L’uomo di Bowie dapprima non riconosce se stesso forse a causa di quella Maschera Apollinea cucita su misura per regolare ed “elevare” nella forma il caos dionisiaco, ma in seguito l’Io, apparentemente scisso dalla sua necessaria e forzosa metà regolatrice, diviene “Noi” nell’intenso e significativo finale del brano.
I searched for form and land, for years and years I roamed
I gazed a gazely stare at all the millions here
We must have died alone, a long long time ago
Who knows? not me
We never lost control
You’re face to face
With the Man who Sold the World
27 mercoledì Feb 2013
Posted in Pensieri, Soundtrack
Tag
A volte il silenzio è necessario: può rappresentare una scelta saggia, un modo per riflettere o per rispondere a chi non sarebbe in grado -in un dato momento storico- di ascoltare, comprendere, percepire alcunchè.
A volte il silenzio è imposto e assai doloroso, e riflette invece la sopraggiunta incapacità di comunicare in modo sano dell’uomo “moderno”. E il senso stesso del tempo -umido e corrosivo- si diluisce e penetra fra le intricate maglie del silenzio.
A volte il silenzio comprime a tal punto l’arte di esprimersi dell’Aedo che può accedere – e nei fatti è accaduto– che i capillari del viso di un Cantastorie Devitalizzato attacchino a deflagrare uno ad uno, come minuscole cariche esplosive piazzate a caso da un Cinico Dinamitardo senza scrupoli.
“The sound of silence”, magnifico pezzo scritto fra il 1963 e il 1964 da Art Garfunkel e Paul Simon, raffigura il silenzio come un nemico infido e invisibile, come un cancro da debellare, come il triste epilogo di ogni forma di comunicazione.
And in the naked light I saw
ten thousand people maybe more
people talking without speaking
people hearing without listening
people writing songs that voices never share
noone dare, disturb the sound of silence.
“Fools” said I, “you do not know,
silence like a cancer grows,
hear my words that I might teach you
take my arms that I might reach you”
but my words, like silent raindrops fell…
and echoed the will of silence
16 venerdì Nov 2012
Posted in Soundtrack
Tag
Soundtrack
RadiOsteria consiglia “White Rabbit”, pezzo ipnotico e perturbante dei Jefferson Airplane, celeberrimo gruppo acid-rock californiano che diede il via alla corrente psichedelica. “White Rabbit” venne scritta nel 1967 da Grace Slick, la vocalist della band, e l’album in cui il pezzo è contenuto, “Surrealistic Pillow” è considerato uno dei manifesti del movimento hippy. I Jefferson Airplan esplorarono i mondi di Carroll, e scoprirono quanto è profonda
la Tana del Bianconiglio.
Go ask Alice, I think she’ll know
When logic and proportion have fallen sloppy dead
And the white knight is talking backwards
And the red queen’s off with her head
Remember what the dormouse said
Feed your head, feed your head
03 mercoledì Ott 2012
Posted in Soundtrack
Tag
RadiOsteria consiglia Amapola, struggente brano in grado di percorrere lo spazio e il tempo, di perdersi e veleggiare lungo le rive del sogno, un sogno intitolato “Once upon a time in America” (1984), una delle opere d’arte di Sergio Leone, di cui Ennio Morricone compose l’indimenticabile colonna sonora. Uno dei migliori soundtrack di sempre per uno dei capolavori assoluti del cinema d’ogni tempo. E Amapola è soltanto un piccolo assaggio.
20 venerdì Lug 2012
Posted in Poesie, Soundtrack
Tag
Come as you are, as you were,
As I want you to be
As a friend, as a friend, as an old enemy.
Take your time, hurry up
The choice is yours, don’t be late.
Take a rest, as a friend, as an old memory
memory, memory, memory
Come doused in mud, soaked in bleach
As I want you to be
As a trend, as a friend, as an old memory
memory, memory, memory
And I swear that I don’t have a gun
No I don’t have a gun, No I don’t have a gun
memory, memory, memory, memory (don’t have a gun)
And I swear that I don’t have a gun
No I don’t have a gun
memory memory
06 venerdì Lug 2012
Posted in Soundtrack
Tag
E se tu la credevi vendetta
il fosforo di guardia
segnalava la tua urgenza di potere
mentre ti emozionavi nel ruolo più eccitante della legge
quello che non protegge la parte del boia.

Fabrizio De Andrè (1940-1999), sommo poeta, cantautore,
lungimirante e visionario interprete di una società in versi
Imputato,
il dito più lungo della tua mano
è il medio
quello della mia
è l’indice,
eppure anche tu hai giudicato.
Hai assolto e hai condannato
al di sopra di me,
ma al di sopra di me,
per quello che hai fatto,
per come lo hai rinnovato
il potere ti è grato.
Ascolta
una volta un giudice come me
giudicò chi gli aveva dettato la legge:
prima cambiarono il giudice
e subito dopo
la legge.
Oggi, un giudice come me,
lo chiede al potere se può giudicare.
Tu sei il potere.
Vuoi essere giudicato?
Vuoi essere assolto o condannato?
16 mercoledì Mag 2012
Posted in Soundtrack
Tag
Shifty Henry said to Bugs, “For Heaven’s sake,
no one’s lookin’, now’s our chance to make a break”
Bugsy turned to Shifty and he said, “Nix nix,
I wanna stick around a while and get my kicks”
Let’s rock, everybody, let’s rock
Everybody in the whole cell block
was dancin’ to the Jailhouse Rock
07 lunedì Mag 2012
Posted in Soundtrack